IAS 2013 - Quinto Bollettino - Lunedì 15 Luglio 2013

IAS 2013LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della 7° Conferenza su Patogenesi, Trattamento e Prevenzione dell'HIV - IAS 2013, in corso a Kuala Lumpur, Malesia, dal 30 giugno al 3 luglio 2013.

 

LE NOTIZIE DEL QUINTO BOLLETTINO - 15 Luglio 2013

 


La terapia anti-HIV oggi: molto efficace, ma ancora lontana dalla perfezione

Anche con le terapie attualmente disponibili, una percentuale minoritaria ma significativa di pazienti non riesce a ottenere una soppressione virologica (cioè una carica virale "non rilevabile") con trattamento di prima linea: lo dicono i risultati di un'ampia meta-analisi.

Gli autori hanno raccolto i dati emersi da 114 studi condotti su oltre 40.000 partecipanti. Con quest'analisi si è confermato un dato già noto: che in materia di terapia antiretrovirale sono stati compiuti passi avanti non trascurabili.
Prima del 2000, solo il 47% dei pazienti che assumevano il trattamento di prima linea arrivava ad abbattere la carica virale fino a livelli non rilevabili. Da allora, questa percentuale è stabilmente aumentata, fino a raggiungere l'82% negli studi successivi al 2008.
Sono risultate associate ai tassi più elevati di soppressione virologica in primo luogo le terapie combinate a base di un inibitore dell'integrasi, seguite da quelle che comprendevano o un inibitore della proteasi potenziato da ritonavir, oppure un inibitore non-nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI). Nel complesso, i dati vanno a confermare le combinazioni farmacologiche attualmente raccomandate nelle linee guida sul trattamento degli Stati Uniti.
È risultato anche che i pazienti con una carica virale superiore alle 100.000 copie/ml all'inizio del trattamento avevano meno probabilità di sopprimere la carica virale rispetto a quelli con livelli inferiori. Per questo, secondo gli autori, le linee guida potrebbero essere integrate con la raccomandazione di iniziare il trattamento prima che la carica virale arrivi a quota 100.000.

L'efficacia delle terapie antiretrovirali è sicuramente aumentata molto nel corso degli anni: ciò nonostante, anche dopo il 2008 restava un 18% di pazienti che non raggiungevano la soppressione virale. Inoltre, più si protraeva il trattamento di prima linea, più diminuivano i pazienti che riuscivano a mantenere soppressa la carica virale.

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Trattamento anti-HIV e comportamenti sessuali a rischio
Secondo quanto emerge da una meta-analisi, le persone sieropositive che assumono il trattamento anti-HIV hanno meno probabilità di fare sesso non protetto e di contrarre altre infezioni sessualmente trasmissibili (IST) rispetto a chi non lo assume.
La comunità scientifica è ormai concorde sul fatto che, assumendo il trattamento esattamente secondo prescrizione, con valori non rilevabili di carica virale e in assenza di altre IST sia improbabile che si verifichi una trasmissione del virus per via sessuale.

Il timore era che, sapendo questo, le persone in trattamento tendessero di più a fare sesso non protetto. Secondo alcuni studi epidemiologici basati su modelli matematici, questo potrebbe compromettere i benefici del trattamento in termini di infettività.
Sono stati dunque raffrontati i dati di 55 studi separati sull'uso del preservativo e sulla salute sessuale tra pazienti in trattamento: dai risultati è emerso che, nel complesso, chi assumeva la terapia aveva il 43% circa di probabilità in meno di fare sesso non protetto rispetto a chi non l'assumeva, o a chi non conosceva il proprio stato sierologico. In presenza di trattamento, inoltre, anche le probabilità di contrarre un'IST scendevano del 50%.
Tuttavia, questa analisi potenzialmente ha un limite: gli studi presi in considerazione abbracciano tutta l'era della terapia antiretrovirale. Il tema dell'impatto del trattamento sulla prevenzione, infatti, è salito alla ribalta dopo la pubblicazione di un documento noto come 'Swiss statement' nel 2008, e si è giunti a prove conclusive sull'efficacia del trattamento come prevenzione soltanto nel 2011.

In uno studio condotto in Costa d'Avorio sono stati messi a confronto pazienti che iniziavano immediatamente il trattamento con altri che invece hanno atteso che la loro conta linfocitaria scendesse ai livelli indicati nelle raccomandazioni dell'OMS: neanche in questo caso è stata registrata una maggior frequenza di comportamenti sessuali a rischio nel gruppo trattato precocemente. Invece, grazie alla soppressione della carica virale, questi pazienti avevano un rischio di circa il 90% inferiore di trasmettere l'infezione ai partner sessuali.

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Abbattere le barriere sociali e legali alla terapia antiretrovirale e alla prevenzione dell'HIV
In svariate sessioni della Conferenza si è evidenziato come le leggi, politiche e pratiche discriminatorie che alimentano lo stigma legato all'HIV vadano a ripercuotersi sull'efficacia dei programmi di prevenzione, trattamento e cura.
Gli esperti in materia di diritti umani e i giuristi hanno sottolineato come la responsabilità di denunciare lo stigma e le violazioni dei diritti umani sia parte integrante del lavoro di medici e ricercatori.

Alla Conferenza si è parlato molto dell'impatto della criminalizzazione sulla non-rivelazione dello stato di sieropositività, sull'esposizione al virus e sulla sua trasmissione, così come di quello delle leggi antiprostituzione, antidroga e anti-omosessualità.
La presidente dell'International AIDS Society, Françoise Barré-Sinoussi, ha rimarcato l'urgenza di questo tema nel suo discorso di chiusura della Conferenza: "Non si porrà mai fine all'epidemia da HIV se non verranno parallelamente promossi anche i diritti umani."
Ne è stato fornito un esempio pratico durante una sessione in cui si è analizzata l'espansione dei programmi di trattamento con metadone e di scambio di siringhe in Malesia. I programmi, grazie a cui si calcola che siano già state prevenute circa 3000 nuove infezioni, sono anche efficaci in termini di rapporto costi-benefici, ha rivelato uno studio.
La Malesia è un paese musulmano noto per il suo atteggiamento molto conservatore in fatto di droga. Ed è proprio il consumo di sostanze per via iniettiva il principale motore dell'epidemia da HIV in questo paese. Il Ministero della Salute malese ha dunque deciso, sulla base delle evidenze scientifiche provenienti da tutto il mondo, di aumentare i programmi di riduzione del danno come l'offerta di terapie sostitutive con metadone e i centri di disintossicazione volontaria.
Malgrado sia aumentata la quantità di servizi disponibili, e di conseguenza siano calate le nuove diagnosi di infezione da HIV, le associazioni attive sul territorio temono che non ci sia ancora un numero sufficiente di strutture, in rapporto alla domanda, e che la paura associata all'uso di droga continui comunque ad ostacolare l'accesso a tali servizi.
I ricercatori riuniti all'IAS hanno encomiato il governo malese per la "coraggiosa" decisione di attuare programmi di riduzione del danno. La speranza è che, constatandone l'efficacia, la Malesia prosegua il suo impegno.

Uno studio condotto in Botswana ha analizzato l'impatto della percezione del trattamento sull'effettiva adesione. Lo stigma ad esso associato resta un ostacolo non indifferente, ma ha dimostrato di avere effetti diversi sull'atteggiamento dei partecipanti: se alcuni non volevano essere visti assumere antiretrovirali o frequentare cliniche specializzate nella cura dell'HIV, altri invece erano ansiosi di iniziare il trattamento per non sviluppare sintomi visibili della malattia. I partecipanti temevano anche gli effetti collaterali, oppure l'incompatibilità dell'assunzione di farmaci con il consumo di alcol. I benefici del trattamento in termini di prevenzione e la possibilità di guarire da malattie debilitanti si sono invece dimostrati stimoli efficaci per iniziare il trattamento.

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L'epidemia da HIV tra gli MSM
Secondo un nuovo studio, l'identificazione e il trattamento di un'infezione molto recente (spesso denominata infezione acuta o primaria) negli uomini che fanno sesso con uomini (MSM) può essere determinante per contenere l'epidemia da HIV in questo gruppo di popolazione.

I tassi di nuove infezioni tra gli MSM continuano ad essere alti in tutto il mondo.
Si tratta in molti casi di infezioni che non vengono diagnosticate, soprattutto in fase di infezione primaria (i primissimi mesi dopo la contrazione del virus), quando è più alto il rischio di trasmettere il virus perché la carica virale è molto elevata. Ecco perché diagnosticare l'HIV in questa fase e somministrare una terapia che abbassi carica virale e infettività potrebbe essere determinante per contenere l'epidemia.

Un'équipe di ricercatori di Bangkok si è dunque concentrata su diagnosi, trattamento e monitoraggio degli MSM in fase di infezione primaria. Sono stati raccolti i prelievi di sangue di pazienti che frequentavano un centro per la diagnosi dell'HIV per monitorarli con test in grado di rilevare infezioni anche molto recenti. Tra il 2009 e il 2013 sono stati oltre 69.000 campioni, individuando 136 casi di infezione acuta.
Gli autori si sono poi concentrati su 90 MSM, tutti di età compresa tra i 20 e i 30 anni circa, in cui la diagnosi era stata effettuata a distanza di 10-23 giorni dall'infezione. Quasi tutti (88) hanno iniziato il trattamento anti-HIV immediatamente dopo la diagnosi, ottenendo un rapido abbattimento della carica virale nel sangue e nel liquido seminale.
Secondo i ricercatori, la diagnosi precoce delle nuove infezioni e l'immediata somministrazione del trattamento potrebbero avere un impatto significativo sull'epidemia da HIV tra gli MSM di Bangkok.

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Si dimostrano promettenti nei trial i farmaci a lunga durata per via iniettiva

Uno studio condotto su volontari sieronegativi ha mostrato che una combinazione di antiretrovirali somministrati per via iniettiva si mantengono a lungo in alte concentrazioni nel sangue, il che potrebbe aprire la prospettiva, per alcuni pazienti, di assumere il trattamento una sola volta al mese.

I farmaci anti-HIV di nuova generazione sono altamente efficaci, e in genere basta assumerli una o due volte al giorno. Tuttavia, l'aderenza resta un problema critico per una grande quantità di pazienti che affrontano il trattamento: anche per questo, malgrado la vasta gamma di opzioni farmacologiche attualmente disponibili, non tutti i pazienti in terapia riescono ad ottenere o a mantenere una carica virale non rilevabile
I farmaci che richiedono somministrazioni meno frequenti rappresentano una possibile risposta alla mancata aderenza.
Due farmaci sperimentali a lunga durata da assumere per via iniettiva come trattamento per l'HIV sono il GSK1265744 e il TMC278-LA. Il GSK1265744 è simile al nuovo inibitore dell'integrasi dolutegravir, mentre il TMC278-LA è una formulazione a lunga durata dell'NNRTI rilpivirina (Edurant).
In una prima fase del trial, i ricercatori hanno arruolato 47 volontari sieronegativi, randomizzati in quattro bracci in cui venivano somministrati i farmaci in diversi dosaggi, per via iniettiva, a intervalli di quattro settimane.
Le concentrazioni farmacologiche nel sangue si sono mantenute elevate per un lungo lasso di tempo. Tra gli effetti collaterali più frequenti sono state documentate reazioni in sede di iniezione.

Dallo studio emerge la necessità di valutare ulteriormente efficacia e strategie di dosaggio di questi farmaci in futuri trial: in caso di risultati positivi, i nuovi farmaci potrebbero essere impiegati o nel trattamento vero e proprio (in pazienti che sopprimono la carica virale) oppure come profilassi pre-esposizione (PrEP) . Nessuno dei due farmaci può essere impiegato da solo, e dunque saranno necessari ulteriori studi per mettere appunto formulazioni a lunga durata di altri antiretrovirali con cui combinarli.

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Il trattamento anti-HIV nei bambini
Le nuove linee guida emanate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in materia di trattamento anti-HIV raccomandano, tra le altre cose, che i bambini al di sotto dei cinque anni inizino immediatamente la terapia, così come i bambini di età superiore e gli adolescenti con una conta dei CD4 inferiore alle 500 cellule per mm3. In quest'ottica, gli esperti hanno sottolineato la necessità di elaborare nuove formulazioni farmacologiche adatte ai più piccoli, per agevolare l'effettiva attuazione della raccomandazione.

Secondo uno studio condotto in Thailandia, un dosaggio inferiore di lopinavir/ritonavir (Kaletra o Aluvia) ha un'efficacia non inferiore a quella del dosaggio pieno per la soppressione della carica virale nei bambini, ma provoca meno effetti collaterali. I bambini che assumevano il dosaggio maggiore mostravano maggiori aumenti dei lipidi (colesterolo e trigliceridi), un effetto collaterale che correla con un aumentato rischio di sviluppare malattie cardiache. Analogamente, uno studio internazionale ha documentato sicurezza ed efficacia nei bambini per l'inibitore della proteasi darunavir (Prezista), potenziato da ritonavir.

Al contrario, un'analisi effettuata su campioni di sangue di bambini trattati con efavirenz (Sustiva o Stocrin, anche nella pillola combinata Atripla) ha rilevato che la somministrazione come da raccomandazioni OMS 2010 può condurre, nei bambini, a livelli tossici di farmaco nel sangue. Sebbene i bambini facenti parte degli studi presi in considerazione nell'analisi non avessero riportato effetti collaterali, i risultati sembrerebbero indicare che sia necessario monitorare la sicurezza dei dosaggi somministrati ai bambini secondo le linee guida 2010.

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Prevenzione dell'HIV: la PrEP
C'è una serie di studi che hanno confermato l'efficacia della profilassi pre-esposizione (PrEP), ossia l'uso di farmaci antiretrovirali per proteggere dall'infezione le persone negative all'HIV; alla Conferenza IAS di quest'anno ne sono stati presentati alcuni.

Non mancano i risultati deludenti, come quelli del trial FEM-PrEP, in cui non è stato osservato alcun calo delle infezioni nelle donne che assumevano il trattamento, rispetto a quelle a cui era somministrato un placebo, e che pertanto è stato chiuso prima del previsto.
Gli autori dello studio sono però intervenuti alla Conferenza presentando un'analisi dei possibili motivi di questo fallimento. Era già noto che il tasso di aderenza delle partecipanti era stato molto basso, e l'efficacia della PrEP è intrinsecamente legata all'aderenza.
I ricercatori hanno scoperto che le donne abbiano aderito al trial per ragioni non legate alla PrEP di per sé. Tra queste, preponderante è stata la possibilità di fare il test per l'HIV una volta al mese, ma si possono anche annoverare il sostegno offerto per tutta la durata della sperimentazione, la disponibilità di altri controlli medici regolari e gli incentivi economici. Alcune donne hanno affermato di aver partecipato mosse dal desiderio di aiutare altre donne.
Alcune di queste motivazioni echeggiavano quelle addotte dai partecipanti a un trial su un altro strumento di prevenzione dell'HIV, i microbicidi. Secondo i ricercatori, potrebbe essere importante tener conto delle motivazioni che spingono a partecipare a un trial nella progettazione del trial stesso.
In una sessione della Conferenza si è parlato delle barriere che ostacolano l'accesso al trattamento anti-HIV nel trial Partners PrEP. Tra queste, si annoverano i protocolli che hanno ritardato l'inizio della terapia o, in certi casi, hanno fatto sì che alcuni pazienti risultassero non candidabili per il trial.

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Il prezzo dei farmaci anti-HIV
Nei paesi a basso reddito sono disponibili farmaci anti-HIV a prezzo molto ridotto. Ci sono però anche paesi a medio reddito con un'epidemia da HIV molto estesa dove non sono previsti sistemi che garantiscano un prezzo equo per questi farmaci.
Uno studio che ha analizzato i prezzi dei farmaci anti-HIV in diversi paesi a medio reddito ha rilevato come questi varino considerevolmente, con alcuni paesi a medio-reddito al di fuori dell'Africa in cui un farmaco può costare quattro volte di più che in un paese africano con un reddito nazionale lordo (RNL) paragonabile.

Nei paesi africani, i prezzi sono rimasti sostanzialmente invariati anche all'aumentare del loro RNL. Al di fuori dell'Africa ci sono stati invece aumenti rilevanti, non necessariamente allineati con un aumento dell'RNL.
Questo studio sarà ripetuto considerando anche l'impatto degli antiretrovirali generici sul mercato.
Gli autori auspicano dunque che sia elaborato un sistema equo di determinazione dei prezzi nei paesi a medio reddito con estese epidemie da HIV.

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Monitoraggio della malattia epatica in pazienti con coinfezione da HIV/HCV

Lo strumento di monitoraggio Fibroscan si è rivelato efficace nel predire quali pazienti con coinfezione da HIV e epatite C (HCV) siano più a rischio di grave epatopatia o morte, come rivela un nuovo studio.

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Studi su alterazioni ossee, rischio di fratture e perdita di densità ossea correlata a HIV e HCV durante la terapia di seconda linea

I pazienti con infezione da HIV sono meno a rischio di perdere densità ossea se passano a un regime di seconda linea privo di NRTI a base di raltegravir, è stato riferito dagli autori di uno studio presentato alla Conferenza. Un'altra ricerca ha mostrato che l'infezione da HIV correla con un aumentato rischio di fratture alle anche, mentre un ultimo studio ha contribuito a fare luce sui meccanismi di perdita di densità ossea associata all'HIV e all'epatite C.

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Allegato: IAS 2013 - Quinto Bollettino

 

Hanno aderito al progetto la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (F.O.F.I.) e la Federazione Nazionale Associazioni Giovani Farmacisti (Fe.N.A.Gi.Far.).
La traduzione dei bollettini è curata da LILA Onlus con il sostegno di 3GM.

3GM FOFI

 

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