IAS 2023 - Secondo Bollettino

IAS2023logoLILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'AIDS, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della XII Conferenza IAS sull'HIV (IAS 2023), che si terrà dal 23 al 26 luglio 2023 a Brisbane, Australia, e online.

 

 

SECONDO BOLLETTINO

 

Sudafrica: interrompere le cure per l'HIV può essere mortale

Da uno studio condotto in Sudafrica è emerso che chi non accedeva alle cure per l'HIV per più di sei mesi aveva una probabilità due o tre volte maggiore di morire nell'arco di tempo coperto dallo studio rispetto a chi rimaneva in cura in modo continuativo.

Il dott. Haroon Moolla dell'Università di Città del Capo e i suoi colleghi hanno raccolto dati provenienti da svariate ampie coorti di pazienti in Sudafrica, concentrandosi su persone che hanno interrotto la terapia antiretrovirale (ART) e l'hanno successivamente ripresa. La raccolta dati è iniziata nel 2004 ed è terminata alla fine del 2019. Lo studio non ha preso in considerazione la totalità dei pazienti che abbandonavano le cure e interrompevano le terapie definitivamente, ma solo quelli che in un secondo momento le riprendevano.

Gli autori hanno più precisamente definito 'interruzione delle cure' come un intervallo di oltre 180 giorni (quasi sei mesi) tra l'ultima volta che un paziente aveva assunto la ART e quando riprendeva il percorso di cura. I partecipanti sono stati ulteriormente divisi in due gruppi: quelli che avevano abbandonato le cure già nei primi sei mesi successivi alla diagnosi e quelli che l'avevano fatto più avanti.

Lo studio ha considerato in totale 63.421 adulti con infezione da HIV, che hanno contribuito con 188.358 anni-persona di dati. L'età media era di 33 anni e più di due terzi (68%) erano di sesso femminile. La maggior parte dei partecipanti (64%) non ha mai interrotto le terapie. Delle 22.593 persone che invece l'hanno fatto, il 39% ha iniziato l'interruzione già nei primi sei mesi dalla diagnosi. La durata media dell'interruzione è stata di 22,8 mesi (quasi due anni), con il 25% che ha ripreso le cure entro un anno ma un altro 25% che ha interrotto per più di tre anni.

Durante il periodo di studio si sono verificati 3585 decessi. Tra coloro che interrompevano e poi riprendevano la ART si è innanzitutto registrato un aumento della mortalità rispetto a chi non aveva mai interrotto le cure. Se l'interruzione aveva inizio entro sei mesi dalla diagnosi, il rischio di successiva morte durante il periodo di studio era di 3,08 volte superiore; il dato scendeva invece a 2,47 volte se l'interruzione iniziava dopo i sei mesi.

Il tasso di mortalità è risultato dello 0,78% nelle persone che non hanno mai interrotto la terapia (un decesso su 128 persone all'anno), ma saliva all'1,6% per chi interrompeva più di sei mesi dopo l'inizio della ART (un decesso su 62,6 persone all'anno) e ben all'1,9% (uno su 52,6) per coloro che abbandonavano la terapia entro i primi sei mesi.

Il dottor Moolla ha commentato: "Il cospicuo aumento della mortalità tra le persone che riprendono la ART dopo un'interruzione è segno che occorre dare priorità alla questione del mantenimento in cura e impegnarsi per favorirlo, in particolare nei primi sei mesi di ART".

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Nuove opzioni per il trattamento di seconda linea dell'HIV in età pediatrica

Da uno studio che ha valutato gli outcome terapeutici di un gruppo di bambini passati da un regime di trattamento dell'HIV di prima linea a base di NNRTI a un trattamento di seconda linea è emersa una serie di possibili opzioni terapeutiche che aumenterebbero l'accesso a una terapia antiretrovirale (ART) di seconda linea sicura ed efficace.

Sono i risultati dello studio Children with HIV in Africa - Pharmacokinetics and Acceptability of Simple second-line ART (CHAPAS-4), presentati a IAS 2023 dal dott. Victor Musiime della Makerere University, in Uganda.

Attualmente, le opzioni per il trattamento di seconda linea dell'HIV pediatrico sono molto limitate. C'è il regime con lopinavir potenziato con ritonavir da assumere due volte al giorno, e pochissimi sono i dati sull'impiego del tenofovir alafenamide (TAF) nei bambini.

Lo studio CHAPAS-4 si è svolto in sei siti di sperimentazione tra Uganda, Zambia e Zimbabwe. I partecipanti erano 919 (497 maschi e 422 femmine), di età compresa tra i 3 e i 15 anni, con età mediana di 10 anni, e con tassi di malnutrizione moderati.

In media, la conta dei CD4 era di 669 e la carica virale di 17.573. La maggior parte dei giovani partecipanti aveva assunto un trattamento di prima linea con NNRTI per circa sei anni.

I pazienti sono stati randomizzati per ricevere una di due coformulazioni di backbone (i farmaci di base, "ossatura" della terapia antiretrovirale) della classe degli NRTI:

  • TAF/emtricitabina, da assumere una volta al giorno;
  • oppure l'attuale standard di cura, ossia lamivudina in combinazione con abacavir o zidovudina – a seconda di quale dei due non era stato assunto come trattamento di prima linea.

Quasi tutti (910) sono inoltre stati randomizzati per ricevere uno dei seguenti quattro farmaci anchor (ossia un ulteriore farmaco da aggiungere ai due NRTI):

  • dolutegravir
  • darunavir/ritonavir
  • atazanavir/ritonavir
  • lopinavir/ritonavir, che rappresentava lo standard di cura.

La soppressione della carica virale, definita dagli autori come viremia inferiore a 400, è rimasta elevata in tutti i bracci dello studio, con percentuali dell'80% o anche di più. Cinque sono le principali risultanze emerse dallo studio:

  • la combinazione TAF/emtricitabina ha dimostrato una migliore soppressione virale rispetto allo standard di cura (abacavir/lamivudina o zidovudina/lamivudina) (89% contro 83%);
  • il dolutegravir ha dato risultati migliori come farmaco anchor rispetto a lopinavir/ritonavir e atazanavir/ritonavir (92% contro 83%);
  • i risultati di atazanavir/ritonavir e lopinavir/ritonavir sono risultati sostanzialmente equivalenti (84% contro 81%);
  • la combinazione darunavir/ritonavir ha tendenzialmente dato risultati migliori rispetto a atazanavir/ritonavir e lopinavir/ritonavir (88% a 83%);
  • né il dolutegravir né il TAF sono risultati associati a problemi di aumento ponderale, ma i giovani partecipanti trattati con lopinavir/ritonavir sono stati quelli con minor aumento di peso e i profili lipidici meno favorevoli.

Lo studio CHAPAS-4 va dunque a corroborare le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che raccomandano il dolutegravir come trattamento di seconda linea dell'HIV pediatrico.

I risultati evidenziano la necessità di mettere a punto una combinazione a dose fissa adatta a pazienti in età pediatrica di TAF ed emtricitabina più dolutegravir come farmaco anchor. In alternativa, può essere contemplata anche la possibilità di impiegare darunavir/ritonavir o atazanavir/ritonavir come anchor.

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Elevata incidenza HIV tra i consumatori di stupefacenti per via iniettiva in Sudafrica

In un campione di utenti di servizi di riduzione del danno in Sudafrica, quasi il 14% dei consumatori di sostanze stupefacenti per via iniettiva ha finito per acquisire l'HIV: è quanto emerge da uno studio presentato a IAS 2023 dalla dott.ssa Adeline Artenie dell'Università di Bristol.

Nonostante il paese abbia la più grande epidemia di HIV a livello globale, in Sudafrica non sono mai stati quantificati i nuovi casi di HIV (incidenza) in questo specifico gruppo di popolazione. Una recente revisione ha rilevato che nei paesi ad alto reddito era dello 0,9%, mentre in quelli a basso e medio reddito saliva al 3,2%.

In Sudafrica, secondo le stime, la percentuale di consumatori di stupefacenti per via iniettiva con un'infezione da HIV (prevalenza) sarebbe del 18%. Dal 2015 sono attivi servizi di riduzione del danno sotto forma di programmi per distribuire aghi e siringhe sterili; la terapia sostitutiva degli oppioidi è invece disponibile dal 2017, ma si stima che attualmente vi acceda meno del 5% di coloro che ne avrebbero bisogno.

Per questo studio sono stati utilizzati i dati programmatici dei servizi di riduzione del danno in quattro province sudafricane (Gauteng, KwaZulu-Natal, Capo Orientale e Occidentale) raccolti tra il 2019 e il 2022 per stimare i nuovi casi di HIV tra i consumatori per via iniettiva.

Gran parte delle 31.873 persone della coorte sono state escluse dall'analisi perché era già noto agli autori che avevano un'infezione da HIV, oppure perché non avevano eseguito il test dell'HIV o lo avevano fatto solo una volta. L'incidenza dell'HIV è stata calcolata su un campione di 2457 persone inizialmente negative all'HIV. Di questo campione, la maggior parte proveniva dal Gauteng (57%), era di sesso maschile (90%) e di etnia nera (72%); l'età media era di 30 anni (il 77% aveva dai 35 anni in giù); in moltissimi casi si trattava di persone senza fissa dimora o con alloggio non stabile (63%) e che facevano uso di eroina (97%).

Pochissimi erano coloro che avevano avuto accesso a una terapia sostitutiva degli oppioidi: nessuno nel Capo Orientale, 0,5% a Johannesburg e un 6,4% nel Capo Occidentale.

In totale, hanno acquisito un'infezione da HIV 300 persone in un periodo di 2190 anni-persona, il che equivale a un tasso di incidenza del 13,7%. Il rischio di acquisizione dell'HIV variava a seconda della provincia: l'incidenza più alta è stata nel Gauteng (19%), seguito dal KwaZulu-Natal (17%), mentre i dati più bassi si sono avuti nel Capo Orientale (6,3%) e nel Capo Occidentale (3,4%). I più giovani tendevano ad avere tassi di incidenza più elevati rispetto a chi aveva superato i 35 anni.

Tra le persone che avevano ricevuto una terapia sostitutiva degli oppioidi e un maggior numero di pacchetti di riduzione del danno, il rischio d'infezione si abbassava. Tra quelle che avevano assunto la terapia sostitutiva dopo essersi sottoposte al test dell'HIV si è osservata una riduzione di ben il 62% delle probabilità di contrarre il virus rispetto a coloro che non avevano mai ricevuto la terapia sostitutiva.

Servizi come i programmi di distribuzione di siringhe e aghi sterili e la terapia di sostituzione degli oppioidi, ha sottolineato la dott.ssa Artenie, hanno dunque il potenziale per ridurre questo tasso di incidenza. Lo studio evidenzia quanto sia urgente aumentare i finanziamenti per questi servizi.

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Doravirina/islatravir efficace quanto il Biktarvy in pazienti mai trattati prima

Una combinazione dell'NNRTI doravirina e dell'antiretrovirale sperimentale islatravir si è dimostrata non inferiore in termini di efficacia nel sopprimere l'HIV dopo 48 settimane rispetto alla coformulazione di bictegravir, emtricitabina e tenofovir alafenamide (Biktarvy), ha riferito lunedì a IAS 2023 il professor Jürgen Rockstroh dell'Università di Bonn

L'islatravir è il primo farmaco appartenente a una nuova classe di antiretrovirali detti inibitori nucleosidici della traslocazione della trascrittasi inversa (NRTTI). È in grado di permanere nelle cellule molto più a lungo di altri antiretrovirali, e nelle prime fasi di sviluppo si era sperimentata la somministrazione di dosi elevate una volta a settimana. Questi primi tentativi sono stati messi in pausa nel 2021 dopo la scoperta che chi assumeva dosi elevate negli studi clinici riportava un calo di globuli bianchi. Si trattava di un effetto dose-dipendente, e le sperimentazioni sono riprese utilizzando dosi più basse.

In uno studio di fase 2b che metteva a confronto dosi giornaliere di 0,25 mg, 0,75 mg e 2,25 mg si è trovato che con dosi di 0,75 mg e 0,25 mg si ottenevano tassi equivalenti di soppressione virale in combinazione con la doravirina. Inizialmente si era pensato di sperimentare la dose di 0,75 mg in studi più ampi di fase 3; dopo il temporaneo stop alle prime sperimentazioni, la casa farmaceutica che sta lavorando sull'islatravir, la Merck, ha però deciso di concentrarsi solo sulla dose di 0,25 mg.

Questa settimana, il prof. Rockstroh ha presentato alla Conferenza i risultati di uno studio di fase 3 che ha testato una dose di 0,75 mg di islatravir in combinazione con la doravirina. Quando lo sviluppo dell'islatravir è stato messo in pausa, l'arruolamento per questo studio era già quasi del tutto completato.

Lo studio ha reclutato adulti con infezione da HIV mai precedentemente sottoposti al trattamento e con carica virale superiore a 500, escludendo persone con epatite B o con importanti mutazioni associate a farmacoresistenza. Sono state così reclutate 597 persone provenienti da 13 paesi diversi (32% in Europa, 22% in Nord America, 23% in America Latina e 18% in Sudafrica).

La maggior parte dei partecipanti era di sesso maschile (circa il 75% di ciascun braccio di studio) e poco più della metà (57%) era di etnia bianca. Il 20% aveva una conta dei CD4 inferiore a 200; il 18% nel braccio della doravirina/islatravir e il 20% nel braccio del bictegravir avevano una carica virale al basale superiore a 100.000.

I partecipanti sono stati randomizzati per ricevere 100 mg di doravirina e 0,75 mg di islatravir una volta al giorno oppure bictegravir, emtricitabina e tenofovir alafenamide (Biktarvy), sempre una volta al giorno.

Alla 48° settimana non si è rilevata alcuna differenza significativa tra i due gruppi in termini di soppressione virale: l'88% dei partecipanti in ciascun braccio di studio aveva una carica virale inferiore a 50. Non si sono osservate differenze significative neanche in termini di tossicità di grado 3 o 4 (10% contro 11%), e solo due partecipanti si sono ritirati dallo studio a causa di eventi avversi legati al farmaco (entrambi nel braccio del bictegravir).

È attualmente in corso uno studio di fase 3 che confronta con il Biktarvy un regime a base di doravirina e islatravir nella dose inferiore di 0,25 mg.

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