EACS 2017 - Secondo Bollettino

EACS2017LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della 16° Conferenza Europea sull'AIDS (EACS2017), che si è tenuta a Milano dal 25 al 27 ottobre 2017.

SECONDO BOLLETTINO

Spagna, passi avanti verso l’eradicazione dell’HCV nelle persone con HIV
Grazie alla diffusione degli antivirali ad azione diretta (direct-acting antivirals, o DAA), è stato possibile ridurre quasi del 50% la prevalenza del virus dell’epatite C (HCV) tra le persone con HIV in Spagna: lo attestano i risultati di uno studio presentato alla 16° Conferenza Europea sull’AIDS (EACS 2017) tenutasi la settimana scorsa a Milano.
Sono state interessate 43 strutture sanitarie specializzate nella cura di pazienti HIV-positivi. La percentuale di infezioni croniche da HCV è calata dal 22% alla fine del 2015 all’11,6% alla fine del 2016. Calcolando anche i pazienti attualmente in trattamento, il dato reale potrebbe abbassarsi fino al 9%.
In Spagna dall’inizio del 2016 è disponibile la terapia con farmaci DAA per tutti i pazienti con infezione da HCV e fibrosi di stadio F2 o superiore, nonché per tutti gli individui a rischio di trasmettere l’HCV a prescindere dallo stadio della fibrosi.
La quantità di persone HIV-positive con coinfezione da HCV in Spagna è in calo dal 2002, il che può spiegarsi in parte con il fatto che sono diminuite le infezioni da HIV acquisite attraverso il consumo di sostanze stupefacenti per via iniettiva, dal 55% del 2002 al 30% del 2016.
È chiaro, però, che anche la diffusione del trattamento ha inciso moltissimo. La percentuale di pazienti trattati è infatti aumentata dal 23% del 2002 al 59% del 2015, per arrivare al 74% nel 2016.
I risultati dell’analisi sembrano indicare che l’impiego dei farmaci DAA abbia contribuito molto negli enormi passi avanti fatti dalla Spagna verso l’eradicazione dell’HCV tra le persone con HIV.
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Il continuum di cure per l’HCV in Europa
In uno studio condotto da EuroSIDA su persone con coinfezione da HIV e virus dell’epatite C (HCV) in Europa occidentale, meridionale ed orientale si sono riscontrate perdite di pazienti in tutte le fasi del continuum di cure per l’infezione da HCV. Alla Conferenza sono stati appunto presentati i risultati di questo studio.
Sono stati considerati circa 7000 individui risultati positivi al test per la ricerca di anticorpi anti-HCV prima del gennaio 2015. Un quinto di loro non si sono mai sottoposti al test di conferma per la ricerca di HCV RNA – il primo, fondamentale passo per stabilire se è in corso un’infezione da HCV attiva.
A eseguire il test di conferma è stato appena il 46% di coloro che risultavano positivi al test anticorpale in Europa orientale, contro il 94% in Europa occidentale. La percentuale si abbassava ulteriormente tra le persone appartenenti a comunità migranti; i consumatori di stupefacenti per via iniettiva, invece, sono risultati più propensi a sottoporsi al test per l’HCV RNA rispetto alla popolazione generale.
In totale, sono risultate positivi al test dell’RNA 5027 individui, e al gennaio 2015 risultava RNA-positivo il 57% dell’intero campione analizzato per lo studio.
Soltanto il 45% di questi individui ha poi eseguito il test per la determinazione del genotipo HCV. Meno di metà di tutti coloro che presentavano un’infezione da HCV cronica si sono sottoposti a un ciclo di trattamento anti-HCV, e solo il 9% ha ricevuto una terapia a base di antivirali ad azione diretta, senza interferone.
Nel complesso, le perdite di pazienti sono risultate considerevoli in ogni fase del continuum di cure per l’HCV.
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Elevati tassi di reinfezione da HCV tra gli uomini gay e bisessuali
Tra gli uomini gay e bisessuali guariti dal virus dell’epatite C (HCV) in alcuni grandi centri specializzati nel trattamento delle epatiti in Germania, dal 2014 ad oggi ben uno su sette è andato incontro a una reinfezione, si è appreso alla Conferenza.
Tutti gli eventi di reinfezione si sono verificati entro 18 mesi dal termine delle terapie curative.
Il rischio di reinfezione è risultato più elevato tra gli uomini che facevano uso promiscuo di aghi o siringhe per assumere stupefacenti durante il sesso/chemsex.
Il consumo di stupefacenti per via iniettiva, però, spiega soltanto circa un quarto dei casi di reinfezione. Non è ancora chiaro quale ruolo giochi esattamente l’uso di droghe iniettive rispetto al sesso non protetto e pratiche sessuali come il fisting nell’epidemia di HCV tra gli uomini gay. Gli studi sembrerebbero infatti indicare che il virus dell’epatite C possa essere trasmesso attraverso i rapporti sessuali tra uomini in caso di contatto con sperma, muco rettale o sangue.
Studi precedenti hanno riscontrato che il 7/10% degli uomini gay guariti dall’HCV contraggono nuovamente l’infezione in tempi molto brevi.
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Incoraggianti i risultati di un trattamento sperimentale per pazienti con resistenza estensiva ai farmaci HIV
In uno studio presentato alla Conferenza, metà dei partecipanti con resistenza estensiva ai farmaci anti-HIV attualmente disponibili è riuscita a raggiungere la soppressione virale grazie al trattamento con fostemsavir, un inibitore sperimentale dell’attacco virale, in combinazione con altri antiretrovirali selezionati a seguito di un test di resistenza
Per questo studio – volto a gettare le basi per l’approvazione del farmaco – sono stati reclutati individui per i quali le opzioni terapeutiche disponibili sono limitatissime.
I partecipanti sono stati randomizzati per ricevere il fostemsavir o un placebo, assunto per sette giorni insieme al regime terapeutico già dimostratosi inefficace. Tutti i partecipanti sono successivamente passati al regime a base di fostemsavir più una combinazione di farmaci selezionati con il test di resistenza. Un ulteriore gruppo di individui con nessuna opzione terapeutica potenzialmente attiva ha invece ricevuto il fostemsavir, in aperto, insieme a una terapia ottimizzata.
L’obiettivo principale della sperimentazione era determinare eventuali variazioni nei livelli di carica virale durante la prima settimana di trattamento. Entro l’ottavo giorno, i pazienti trattati con fostemsavir presentavano livelli notevolmente più bassi di carica virale rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo.
Dopo sei mesi di trattamento con fostemsavir/regime ottimizzato, il 54% dei partecipanti aveva ottenuto l’abbattimento della carica virale, e un altro 32% aveva valori superiori alle 40 copie/ml ma stava ancora assumendo il farmaco.
Gli effetti collaterali più frequenti sono stati mal di testa, vomito, diarrea, stanchezza e debolezza. Il 6% dei partecipanti ha interrotto il trattamento a causa di un evento avverso.
L’approvazione del farmaco negli Stati Uniti è attesa per i primi mesi del 2018.
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Symtuza sicuro ed efficace anche per chi assume per la prima volta la terapia anti-HIV
Alla Conferenza si è appreso che la combinazione a singola compressa di darunavir, cobicistat, tenofovir alafenamide ed emtricitabina (Symtuza) si è mostrata sicura ed efficace quanto un pre-esistente regime multifarmaco in pazienti che assumevano per la prima volta la terapia antiretrovirale.
Symtuza è un farmaco già approvato per il trattamento dell’infezione da HIV.
Quest’ultimo studio ha messo a confronto Symtuza con una combinazione multicompressa di darunavir, cobicistat, emtricitabina e tenofovir, ma nella formulazione precedente (tenofovir disoproxil). Tutti i partecipanti iniziavano la terapia antiretrovirale per la prima volta.
I pazienti sono stati randomizzati in parti uguali per ricevere Symtuza o la terapia di controllo.
Dopo 48 settimane, il 91% dei partecipanti del braccio di Symtuza aveva ottenuto una carica virale non rilevabile, contro l’88% di quelli del braccio di controllo.
Gli effetti collaterali più frequenti sono stati diarrea, eruzioni cutanee e nausea. I pazienti trattati con Symtuza sono risultati meno soggetti ad abbandonare la terapia rispetto a quelli che assumevano l’altro regime (2 contro 4%), anche se il tasso di eventi avversi nei due bracci è stato simile (5 contro 6%).
Symtuza si è mostrato vantaggioso per quanto riguarda funzionalità renale e densità ossea: tuttavia, a questo regime sono stati associati livelli di colesterolo più alti rispetto a quelli del braccio di controllo.
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Ancora molto pessimismo sulle prospettive di vita da parte delle persone HIV+, rivela un’indagine sulla qualità della vita
Un’indagine condotta in tutta Europa ha rivelato che molte persone HIV-positive sono convinte che andranno incontro a una morte prematura e hanno ancora paura dello stigma legato all’HIV.
Si tratta di una ricerca commissionata dalla casa farmaceutica Gilead Sciences e condotta negli ultimi mesi del 2016.
Sono stati coinvolti, in totale, 522 individui HIV-positivi, con un gruppo di controllo composto da 2723 individui HIV-negativi della popolazione generale.
L’aspettativa di vita di coloro che reagiscono bene alle terapie antiretrovirali è ormai ottima. Ciò nonostante, molte persone con HIV sono evidentemente ancora molto pessimiste per quanto riguarda la loro prognosi. Un terzo delle persone HIV-positive che hanno partecipato all’indagine, infatti, ha dichiarato di aver messo in conto di morire prima dei propri amici, coetanei e fratelli maggiori – contro solo il 10% del gruppo di controllo.
Le persone con infezione da HIV, rispetto a quelle della popolazione generale, tendevano anche a valutare la propria salute come “ottima” o “buona” meno frequentemente (44 contro 69%).
Inoltre, sempre rispetto al gruppo di controllo, tendevano meno a dare priorità alla vita sentimentale e sessuale rispetto alla stabilità economica.
Oltre la metà delle persone con HIV ha dichiarato di considerare il virus una potenziale barriera per trovare un partner, e la ragione più frequentemente citata è la difficoltà di rivelare agli altri di avere l’infezione. Poco meno di metà (47%) di tutte le persone con HIV che hanno partecipato all’indagine e il 38% di coloro che avevano livelli non rilevabili di carica virale hanno dichiarato di avere paura di trasmettere il virus agli altri.
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