WAD 2021. L’appello di UNAIDS a 40 anni dalla comparsa del virus, l’impegno della LILA, le inefficienze delle istituzioni.

WAD End Aids

La Giornata mondiale contro l'AIDS del primo dicembre 2021 si inscrive in uno scenario denso di incognite. Lo afferma chiaramente UNAIDS, il programma ONU per la risposta all’HIV, che, per questo World AIDS Day (WAD), rilancia lo slogan: “End inequalities, End AIDS, End pandemics”, , per porre fine all’AIDS e alle altre pandemie occorre porre fine alle disuguaglianze. “Senza un'azione coraggiosa–avverte UNAIDS- il mondo rischia di non raggiungere gli obiettivi per porre fine all'AIDS entro il 2030 e di perdere la scommessa contro una prolungata pandemia di COVID-19, rischiando di avvitarsi in una spirale di crisi sociale ed economica”.

A quarant'anni dai primi casi di AIDS, dunque, la strada sembra ancora tutta in salita e UNAIDS non risparmia un monito ai governi: “Sulla lotta all’AIDS stiamo andando fuori strada e non a causa della mancanza di conoscenze per sconfiggerlo ma per le disuguaglianze e iniquità strutturali che ostacolano soluzioni scientificamente solide per la prevenzione e il trattamento dell'HIV”.

Le responsabilità politiche sono evidenti: nel 2015, tutti i paesi condivisero l’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile che prevede, tra gli altri obiettivi riguardanti la salute, anche la sconfitta dell’AIDS entro il 2030. Tali priorità sono state ribadite più volte fino al Summit di Alto Livello dell’ONU dello scorso giugno e alla Strategia Globale contro l’AIDS per il 2021-26, con l’impegno di aumentare le risorse per la risposta all’HIV/AIDS fino a 29 miliardi di dollari l’anno e i nuovi target da raggiungere già entro il 2025. Troppi paesi, tuttavia, sono rimasti fermi.

L’Italia, che pure ha sottoscritto questi impegni, si può annoverare tra i paesi che rischiano di perdere terreno rispetto all’Agenda 2030. Il nostro paese ha già mancato gli obiettivi intermedi 2020, soprattutto per aver fallito sull’emersione del sommerso, ossia sull’obiettivo di rendere consapevole del proprio stato sierologico il 90% delle persone con HIV. L’innovativo Piano Nazionale AIDS del 2017, che raccoglieva le indicazioni ONU, frutto di una virtuosa collaborazione tra comunità scientifica e società civile, avrebbe potuto metterci sulla strada giusta ma è stato largamente inapplicato sia dal governo sia dalle regioni. Gli avanzati interventi di prevenzione previsti, come l’erogazione gratuita della PrEP (Profilasi Pre-Esposizione), l’accessibilità ai condom, la riduzione del danno, sono rimasti al palo, così come la valorizzazione di U=U, l’ampliamento delle opportunità di accesso al test, l’evoluzione dei servizi di cura. Inadeguato e lacunoso resta anche il sistema di sorveglianza AIDS che non permette di raccogliere dati utili a mirare gli interventi di risposta all’HIV. Come si può leggere correttamente l’andamento di un’infezione senza avere idea del numero di test eseguiti? Dopo il COVID si tratta di un’ovvietà, chiara anche ai non addetti ai lavori. Il netto calo delle nuove diagnosi di HIV, segnalato dai dati dell’ISS appena pubblicati (da oltre 3.000 nuove diagnosi nel 2018, a 1.300 nel 2020), ci lascia in tal senso molto perplessi. Si tratta di numeri che possono indicare, al massimo, una tendenza ma che, di certo, non possono definire con sufficiente rigore scientifico le dimensioni del fenomeno.

L’unica cosa che abbia prodotto la politica in questi anni è una proposta di legge di riforma della legge 135 del 1990, la Pdl 1972, incardinata presso la commissione Affari Sociali della Camera. Si tratta di un testo sbagliato, anacronistico, che compie dieci passi indietro rispetto al PNAIDS e che deroga completamente dalle dichiarazioni e dagli obiettivi ONU sottoscritti dall’Italia, obiettivi che invocano anche la centralità del ruolo delle ONG e delle community. Nell’elaborazione del testo non c’è stato, invece, nessun confronto preventivo con la società civile, con le community e con la comunità scientifica, tutte realtà altamente competenti, anzi, le uniche competenti rispetto ad una classe politica che, senza differenza di schieramenti, è rimasta ferma agli anni '80.  Totalmente inascoltate sono rimaste anche le richieste di incontro e confronto rivolte al Ministro della Salute Speranza su varie urgenze: applicazione del PNAIDS, aggiornamento della 135, crisi dei servizi per l'HIV sotto la pressione dell'emergenza COVID. 

Intanto, la realtà che, come associazioni viviamo tutti i giorni e fotografata nel nostro LILAReport2021 sulla base di oltre novemila contatti negli ultimi 12 mesi, non ci lascia affatto tranquilli. La percezione del rischio complessiva resta insufficiente, le informazioni di base scarse e confuse in tutte le fasce d’età. Restano inoltre problematici l’utilizzo dei condom e ricorso al test. Tra chi si è rivolto ai nostri servizi di testing nel 2021, oltre la metà ha dichiarato di non aver usato il profilattico nell’ultimo rapporto sessuale. Quasi il 37%, non aveva mai fatto prima un test per l’HIV.

Il COVID ha ampliato il quadro delle criticità. I servizi per l’HIV presso i centri di infettivologia, test compresi, sono stati i più penalizzati dall’emergenza e faticano a tornare alla normalità, costantemente minacciati da nuove ondate pandemiche.

Consapevole dell’importanza di un accesso universale alle cure, in nome della lotta alle disuguaglianze, la LILA è convinta che non si debbano ripetere con il COVID i tragici errori commessi nel passato con l’AIDS, quando i farmaci salva-vita arrivarono ai paesi più poveri con dieci anni di ritardo. Tuttora nel mondo, almeno dodici milioni di persone con Hiv non hanno accesso alle terapie, ostacolate proprio dal costo dei farmaci. Per questo sosteniamo la campagna europea: “Right2cure – no profit on pandemic” per la sospensione dei diritti di brevetto delle case farmaceutiche sui vaccini e tecnologie anti-COVID e invitiamo a firmare per l’ICE, iniziativa dei cittadini Europei che può vincolare la Commissione Europea ad agire in tal senso.

Per tutta la settimana a cavallo del primo dicembre, LILA sarà impegnata nelle piazze, nelle strade e nei luoghi di socialità per diffondere messaggi scientificamente corretti sulla prevenzione e sulle terapie, per creare solidarietà e combattere stigma e pregiudizi. Tante le iniziative, in parte già in corso e con partnership di altissimo livello. A Cagliari, dopo venticinque anni, torna come nostro testimonial Nathan Never, uno tra i più amati personaggi a fumetti. Grazie alla solidarietà di Sergio Bonelli Editore e dei disegnatori Sergio Giardo e Bepi Vigna, tre splendide tavole diffonderanno altrettanti messaggi chiave della prevenzione con una campagna social, di affissioni urbane e di cartellonistica sui mezzi pubblici. Migliaia di cartoline con i tre disegni saranno distribuite nelle scuole all’interno del progetto EducAids e nei locali della città. Anche a Trento una grande campagna fotografica e informativa diffonderà attraversi tutti i canali disponibili messaggi su prevenzione test e terapie. A Bari ,incontri nelle scuole, test rapidi e: “ From Grey to PositHiv”, dibattiti, canti, proiezione film ed interventi su: Sessualità, Psicologia e Prevenzione. A Torino test rapidi e incontri nelle scuole e in Università. Anche in altre città: eventi culturali, appuntamenti di testing, punti informativi, dove sarà anche possibile firmare a sostegno della moratoria sui diritti di brevetto, campagna “Right2 The Cure –no profit on pandemic”Clicca qui per scoprire tutte le iniziative LILA in occasione della WAD  

LILA ti invita, inoltre, alla visione di “AIDS – La Nostra Battaglia”, produzione originale History Channel. Nel bellissimo documentario di Luca Bedini, il racconto corale di chi ha vissuto in prima linea questi quaranta anni di lotta all’AIDS. In onda l’1 e il 2 dicembre alle 21, History Channel, canale 411 di Sky

 

“Siamo arrivati ​​a un bivio. Essere troppo graduali è la scelta insostenibile.

Ogni minuto che passa, stiamo perdendo una vita preziosa a causa dell'AIDS. 

Non abbiamo tempo. Fine delle disuguaglianze. Fine dell'AIDS. Fine delle pandemie”.

(UNAIDS Wad 2021)

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