Si aggrava di anno in anno l’andamento dell’epidemia da HIV in Russia. A lanciare l’allarme, lo scorso agosto la fondazione AIDS Center, realtà non governativa attiva nella fornitura di servizi essenziali quali test e trattamenti per l’HIV, informazione formazione sul virus. EATG ne ha rilanciato l’allarme tramite il bollettino di ottobre
Quest’anno, come altre realtà della società civile russa, AIDS Center si è vista tagliare ulteriormente sovvenzioni pubbliche cruciali per la risposta all’HIV nel paese, nonostante la Russia sia da anni alle prese con livelli crescenti di infezione da HIV. Ad alimentare l’epidemia è la progressiva compressione delle politiche di sanità pubblica relative al virus, dettata da un atteggiamento oscurantista e ideologico verso l’HIV. Ne conseguono un forte stigma istituzionale verso le popolazioni più esposte, discriminazioni in tutti i settori della vita pubblica, la criminalizzazione delle persone LGBTQIA+, la ferma opposizione a ogni politica di riduzione del danno verso chi si inietta droghe, la crescente ostilità verso gli interventi di educazione e informazione sessuale. E’ così che nel 2021 le nuove infezioni in Russia rappresentavano quasi il 4% di quelle mondiali, la quota più alta della regione europea e la quinta al livello globale.
Pochi i dati ufficiali disponibili, essendo quelli governativi lacunosi, reticenti e non accurati. Le statistiche ufficiali non vengono inoltre più comunicate all'OMS “E –spiega EATG- all'interno del Paese esistono fonti di informazione concorrenti con resoconti incoerenti e frammentari”. Per i dati più attuali vengono dunque indicati quelli frutto di uno studio presentato da studiosi dell’Istituto Centrale di Ricerca Epidemiologica Rospotrebnadzor, studio reperibile sul sito “Risorse sanitarie”, società di esperti russi che si batte per l’accesso universale alle cure.
Lo studio segnala che, al 2024, le persone con HIV nel paese erano almeno un milione e 200mila. Le nuove diagnosi, sempre nel 2024, sono state quasi 52mila con un’incidenza pari a 35,4 casi ogni 100mila persone e una prevalenza di quasi 832 su 100mila. I decessi segnalati nella Federazione sono stati 33.270 circa, il che porta a oltre mezzo milione le persone morte per cause AIDS correlate dall’inizio delle rilevazioni, circa il 31% cioè di tutte le persone che hanno contratto il virus. Alcuni indicatori segnalano come ormai l’infezione riguardi un po’ tutta la popolazione e non solo i gruppi più vulnerabili. Nel 2023, ad esempio, la percentuale di donne incinte affette da HIV superava, in sedici regioni, l’1% del totale, un livello considerato indicativo di un’epidemia generalizzata.
Le persone che hanno ricevuto una terapia antiretrovirale sono state circa 785mila, quasi il 90% di chi si è rivolto ai servizi e il 63% delle persone con HIV stimate; più di un quarto delle persone cui è stato diagnosticato l’HIV, non è stato indirizzato ai servizi per le terapie o non è stato sottoposto a follow up. Tra le persone in terapia sono quasi 44mila quelle che hanno interrotto i trattamenti nel corso del 2024. Una percentuale significativa di interruzioni, il 42,7%, è stata associata al decesso degli stessi pazienti. Tra i pazienti in terapia meno del 77% aveva raggiunto una carica virale soppressa, il che corrisponde al 49,6% di tutte le persone con HIV; si tratta di quote drammaticamente lontane da ogni obiettivo indicato dall’Agenda ONU 2030.
L’invasione dell’Ucraina e la guerra, che dura da oltre tre anni, hanno peggiorato il quadro già precario della risposta all’HIV in Russia, sottraendo ulteriore risorse ai servizi sanitari per dirottarle verso lo sforzo bellico. Il risultato è, come abbiamo visto, che meno di un 50% di persone con HIV ha ricevuto una terapia durante il 2024. La disponibilità di farmaci si è fatta sempre più carente e intermittente il che spiega l’alto numero di persone che hanno abbandonato la terapia (43754 persone) . Fortemente deficitaria è anche la disponibilità di strumenti diagnostici , a partire da quello per la carica virale. Il quadro è desolante anche sul fronte della prevenzione. Oltre alla drastica riduzione dei programmi di informazione, le strutture pubbliche non forniscono nemmeno la PrEP, Profilassi Pre-Esposizione, cui fa ricorso, a pagamento, solo un eseguo numero di persone tramite prescrizione private.
Prima della guerra erano circa novanta le ONG che, sia pure tra mille difficoltà, fornivano questo tipo di servizi e che lavoravano con le popolazioni chiave ma ora gran parte dei finanziamenti sono stati ritirati provocando la chiusura di molte realtà o il forte ridimensionamento delle loro attività. La guerra sta peggiorando l’andamento dell’infezione anche per altri motivi. Nell’esercito russo vengono segnalati crescenti casi di HIV: il loro numero tra i militari nel quarto trimestre 2023 risultava di venti volte più alto rispetto al periodo pre-bellico. Tra le possibile cause ci sarebbe l’uso ripetuto, negli ospedali da campo che operano lungo le linee del fronte, di siringhe che dovrebbero essere monouso e l’interruzione forzata del trattamento tra i soldati in prima linea. Nonostante la legge vieti l’arruolamento di persone con HIV e con altre patologie, la carenza di militari disponibili a combattere al fronte avrebbero portato ad aggirare i divieti.
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