Prevenzione, PrEP, salute: troppe barriere per le donne. Intervista a Ilenia Pennini, Responsabile Nazionale Salute di Arcigay

Foto Ilenia ok joel muniz HvZDCuRnSaY unsplash 1Ilenia Pennini è la Responsabile Nazionale Salute di Arcigay; coordina numerosi progetti relativi alla salute sessuale della comunità LGBTQIA+ e fa parte da diversi anni della Rete Donne Transfemminista che in Arcigay si occupa anche della salute e del benessere delle donne della comunità. Ilenia è anche tra le coordinatrici della campagna informativa nazionale “La misura della tranquillità. Prendi la PrEP, previeni l’HIV, cui hanno partecipato un vasto gruppo di associazioni e, tra queste, la LILA.  Con lei parliamo di donne, prevenzione, PrEP

Ilenia, cominciamo proprio dalla PrEP. Le donne che la utilizzano sono pochissime. Quali sono i fattori che fanno da barriera 
Per prima cosa,  la comunicazione sulla PrEP sia da parte della community ma in particolare nei contesti clinici è stata finora tutta “maschio-centrata” e, prevalentemente, orientata ad un target MSM (uomini che fanno sesso con altri uomini); non sta avendo successo, invece, il tentativo di raggiungere un altro target strategico, quello delle/dei sex worker, perché si tratta di un gruppo di popolazione che vive una condizione di particolare invisibilità, gravato da forti timori di discriminazioni. In generale, queste barriere interessano più generi e più gruppi di popolazione che andrebbero meglio considerati.


Per esempio?

Partendo dalla popolazione LGBTQIA+ le donne più esposte a rischio sono quelle bisex anche perché più soggette a violenze sessuali o a rapporti non consensuali, tuttavia anche questo è un target poco presente nelle associazioni, che si rende invisibile, difficile da raggiungere  e quindi da informare. Se andiamo poi a considerare la popolazione generale, le donne o in generale le persone con vulva, uomini trans compresi, con comportamenti a rischio sono tantissime ma su di loro non viene posta nessuna attenzione. I dati che abbiamo a disposizione denunciano questa carenza.


A quali dati ti riferisci?
Il numero di donne con diagnosi tardive è molto alto e, come per gli uomini, cresce con il crescere dell’età. Questo ci dice che sulla comunicazione stiamo sbagliando un po' tutti. Alle  persone più adulte nessun medico consiglia la PrEP,  il test per l’HIV  o il profilattico. E questo perché si danno per scontati i rapporti monogamici o l’insussistenza di una vita sessuale attiva negli over 50. Nella realtà, invece, la situazione è ben diversa.  I livelli di relazioni extraconiugali, ad esempio, sono molto alti.

Vedi questo studio

In generale, come si rapportano le donne alla prevenzione? 
Diciamo subito che la negoziazione del profilattico resta un problema. Tante piccole e grandi violazioni del consenso ancora riguardano la comunicazione dei propri bisogni sessuali compreso quello della prevenzione. Inoltre su questo impattano anche fattori sociali, è ancora troppo radicata l’aspettativa che in vista di un possibile incontro sessuale debbano essere gli uomini a portare con sè il condom e questo porta troppe persone a demandare la propria sicurezza e benessere sessuale ad altri. Nei corsi di formazione, nelle scuole o in altri contesti, spesso chiedo: “Secondo te, in vista di un rapporto sessuale chi deve portare il profilattico?” Le ragazze rispondono quasi sempre che spetta agli uomini.


Perché accade questo secondo te?
Da decenni l’educazione sessuale nelle scuole delle donne è tutta orientata alla prevenzione delle gravidanze indesiderate, quando ero adolescente io l’HIV era usato come uno spauracchio ma la maggior parte della comunicazione era volta a prevenire le gravidanze precoci. In tempi più recenti c’è anche una sempre inferiore percezione del rischio e le donne stesse fanno propria l’avversione maschile per l’utilizzo di sistemi barriera: c’è un po’ il timore di “disturbare” il partner chiedendo l’uso del preservativo. D’altro canto, per alcuni il rapporto con il profilattico è davvero complicato ed è un bisogno personale che va ascoltato perché ha a che fare con il piacere e con una buona sessualità. In sostanza. le donne non sono adeguatamente informate, hanno ancora problemi a negoziare l’uso del profilattico e hanno ancora troppo la sensazione che non ci siano alternative. 


Restando alla PrEP
, il fatto di dover prendere un farmaco, tutti i giorni, non essendo prevista per le donne la modalità on demand, può scoraggiarne l’utilizzo?
Non direi che il punto sia questo. Le donne non arrivano nemmeno ad informarsi sulla PrEP, che siano in relazione o meno. Anzi nelle coppie etero-normate, il problema potrebbe essere perfino più complesso; come dicevo in precedenza, il sesso al di fuori delle coppie considerate monogame è molto diffuso: “si fa ma non si dice”, non se ne parla e, dunque, non si negozia come comportarsi all’esterno o all’interno della relazione rispetto alla PrEP o all’uso del profilattico. Si tratta di un tabù mentale e culturale duro a morire, di un target molto difficile da agganciare. Invece, le relazioni dichiaratamente non monogame, generalmente ne parlano più apertamente e sono, quindi, più predisposte alla prevenzione e alla PrEP.


Le donne da decenni si occupano ormai quasi in esclusiva della contraccezione ma è come se relegassero ai maschi la prevenzione dell’HIV. È possibile che in tante reputino troppo gravoso dover coordinare tutte queste strategie relative alla salute riproduttiva e sessuale?
È possibile; l’ideale sarebbe riuscire ad avere presto degli strumenti unici per prevenzione dell’HIV e per la contraccezione ma, intanto, servirebbero informazioni mirate e servizi adeguati che sostengano le scelte delle donne; finora, sono solo le associazioni che stanno sperimentando questo tipo di servizi, anche noi come Arcigay ci stiamo provando, ad esempio al Checkpoint che gestiamo a Latina stiamo da poco avviando un servizio mirato proprio alle donne che si occupa di tutto l’ambito della prevenzione e della salute sessuale femminile


L’introduzione della PrEP Long Active potrebbe agevolare le donne?
Magari sì, potrebbe aiutare. Tuttavia resterebbe il problema dell’accesso femminile alla PrEP. Molte donne vengono invitate a fare test e vaccini per HPV, per esempio, e molte accettano queste proposte di prevenzione. Molto più difficile è che possano essere indirizzate da un infettivologo per la PrEP. Oltretutto le donne, che siano etero, bisex, in relazione o single, che siano o meno sex worker, difficilmente raccontano ai medici della propria vita sessuale. Insomma, poco si sa di come le donne vivano la loro sessualità e poco viene raccontato. Il timore di essere giudicate, lo stigma, è ancora molto forte. Per questo le poche donne che accedono alla PrEP ci arrivano soprattutto attraverso i checkpoint che garantiscono relazioni non giudicanti e non stigmatizzanti. 

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