Mpox, l’epidemia rallenta ma non abbassare la guardia. Tutti gli aggiornamenti

MonkeypoxDopo il picco della scorsa estate, l’epidemia di Mpox, dichiarata dall’OMS “emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale (PHEIC)”, ha nettamente rallentato la sua diffusione. Nell’ultimo mese i nuovi casi giornalieri negli Stati Uniti, il paese più colpito, restano sotto la decina; in Gran Bretagna, segnalati solo due casi, nessun caso in Olanda, Svizzera, Austria, Israele.

In Italia il primo caso confermato risale allo scorso 20 maggio 2022 da allora, fino al 27 febbraio 2023 ne sono stati diagnosticati poco meno di mille, ma dal 14 febbraio scorso non ci sono stati nuovi casi. Qui tutti i dati aggiornati per il nostro paese. Tra maggio e agosto 2022 una serie di circolari del Ministero della Salute ha delineato la risposta del nostro paese al nuovo rischio epidemico attivando il sistema di sorveglianza con Regioni e Province autonome, impartendo indicazioni e linee guida, e approntando la campagna vaccinale, partita poi, con buon successo, lo scorso 8 agosto. Soprattutto nei paesi a welfare avanzato dunque, le misure di contenimento dell’infezione, la rapidità e la collaborazione dei sistemi di sorveglianza, il rafforzamento dei servizi d’infettivologia intervenuto con il COVID e la rapida disponibilità dei vaccini sembrano aver ben funzionato. Fondamentale è stato stato anche il coinvolgimento di community e associazioni legate ai target, prevalentemente LGBTQIA+ e HIV, al momento, più esposti all’ondata epidemica: MSM (uomini che fanno sesso con uomini) e persone con HIV. 

Anche in Italia, l'attivismo delle ONG è stato prezioso, in particolare quelle presenti nel CTS di lotta all’AIDS – sezione Volontariato (M) del Ministero della salute e, tra queste, la LILA. Queste realtà, non solo hanno avuto un ruolo di forte stimolo sul Ministero affinché attivasse immediatamente tutte le azioni necessarie (in particolare la campagna vaccinale per le persone esposte al rischio), ma hanno anche svolto immediate attività di informazione e prevenzione presso i propri target di riferimento, in collaborazione con i centri d’infettivologia presenti sui territori. Ne è seguita una soddisfacente quanto rapida modifica dei comportamenti nei target più esposti.

Globalmente, tuttavia, permangono rischi nelle popolazioni più vulnerabili o vittime di esclusione sociale. A tal riguardo va sottolineato il deciso sforzo operato da Istituzioni internazionali, Community, ONG, comunità scientifica per contrastare il riemergere di narrazioni stigmatizzanti del fenomeno Mpox. Come sottolineato dall’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) nell’avviso dello scorso dicembre. 

Lo stigma, la discriminazione o le paure associate a Mpox –scrive l’Organizzazione Mondiale di Sanità- possono prolungare un'epidemia impedendo alle persone di farsi avanti per ottenere informazioni o cercare test o cure, il che mina gli sforzi per la salute pubblica. Per Mpox, lo stigma, la discriminazione e il razzismo sono stati particolarmente diretti contro le comunità inizialmente più colpite dalla malattia, vale a dire uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, persone trans, comunità di genere diverso e comunità di regioni precedentemente colpite. Le lezioni apprese da decenni di risposta all'HIV sono state utilizzate per sviluppare i consigli sulla salute pubblica e decostruire questi atteggiamenti stigmatizzanti”.   

Resta, inoltre, come già accade per altre emergenze sanitarie (COVID, HIV, TB, Epatiti ecc), un grave vulnus nelle possibilità di accesso a cure e strumenti diagnostici dei paesi più poveri, elemento questo che influisce pesantemente sulla salute e i diritti umani delle popolazioni coinvolte rischiando di alimentare la trasmissione delle malattie infettive.

Altro rischio sottolineato dall'OMS è che l’attenuarsi dell’allarme possa far cadere anche l’attenzione alla prevenzione e alla diagnosi. Di qui l’invito a mantenere alta l’attenzione. Proprio lo scorso 9 febbraio, la quarta riunione del comitato d’emergenza dell’OMS sull’epidemia , i cui risultati sono stati resi noto lo scorso 15 febbraio, ha deciso di mantenere per Mpox il carattere d'emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale (PHEIC) ed emesso delle raccomandazioni aggiornate. 

Pur riconoscendo i progressi compiuti nella riduzione della trasmissione del virus e il forte calo dei casi segnalati, il comitato Mpox ha anche espresso preoccupazione sia per i livelli delle segnalazioni registrati da alcuni paesi, sia per il rischio di sottostime o sottonotifiche che possano alimentare la circolazione del virus, soprattutto in vista della ripresa di eventi sociali di massa. “Non  tutti i paesi –aggiunge infine l’OMS- ricevono il sostegno di cui hanno bisogno o dispongono di strutture o sistemi per rispondere a Mpox, compreso un supporto inadeguato per i gruppi emarginati”.

Cos’è Mpox, come si manifesta

Appartenente alla famiglia degli Orthopoxvirus, la stessa del vaiolo (debellato dal 1980), Mpox nel 2022 è comparso, per la prima volta, in Europa, nelle Americhe, nel Pacifico occidentale, nei paesi del Mediterraneo orientale e in alcuni africani. In precedenza, circolava come infezione endemica unicamente  in alcuni paesi dell’Africa centrale e occidentale. Di norma, negli esseri umani, ha esiti blandi e assolutamente meno severi del vaiolo. Tuttavia, il rasch cutaneo che produce, può essere molto doloroso e l’infezione in persone con sistema immunitario compromesso, bambini piccoli e donne in gravidanza, può produrre esiti più seri. Inizialmente denominato “Monkeypox” , ossia “Vaiolo delle scimmie”, lo scorso novembre il virus è stato ribattezzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “Mpox” . Il riferimento alle scimmie, infatti, può essere scientificamente fuorviante e potenzialmente stigmatizzante. I due nomi potranno continuare a coesistere per un anno poi, il primo sarà definitivamente abbandonato.

I sintomi

I sintomi più comuni di Mpox sono: febbre, sonnolenza, dolori muscolari e mal di testa ma, soprattutto l'eruzione cutanea; il rash si sviluppa di solito da uno a tre giorni dopo l'inizio della febbre ma può anche presentarsi prima dei sintomi generali. Le eruzioni Interessano soprattutto le aree ano-genitali (e talvolta possono limitarsi solo a queste), il tronco, le braccia e le gambe, il viso, i palmi delle mani e le piante dei piedi. In casi più rari possono presentarsi lesioni nel cavo oro-faringeo. Le lesioni cutanee spesso si presentano come macule, che tendono ad evolversi in papule, vescicole, pustole, croste.

Trasmissione e gestione dei casi

La trasmissione interumana del virus Monkeypox avviene attraverso contatti stretti con una persona affetta, il che include anche l’assistenza a persone con Mpxv, la convivenza con una persona malata e i rapporti sessuali con persone affetteToccarsi, baciarsi, essere faccia a faccia possono trasmettere il virus. Veicoli del contagio possono essere il contatto con le lesioni cutanee prodotte da Monkeypox, il droplet, cioè le goccioline di saliva emesse parlando o respirando, il contatto con oggetti infetti (fomiti) come vestiti, lenzuola, biancheria, posate, bicchieri, sex toys e, in generale, ogni oggetto che possa esser stato utilizzato da una persona con Mpox. 

Il periodo infettivo deve essere considerato a partire dalla comparsa dei primi sintomi fino alla caduta delle croste e la formazione di nuova pelle. In genere, i sintomi durano da due a tre settimane e di solito scompaiono da soli o con cure di supporto, come farmaci per il dolore o la febbre. Un antivirale sviluppato per il trattamento del vaiolo (Tecovirimat) è stato approvato per il trattamento del vaiolo delle scimmie nel gennaio 2022, dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA) e a marzo 2022, dall’Agenzia Italiana del Farmaco

In caso di convivenza o assistenza a persone con MPOX è bene usare tutti i dispositivi di Protezione individuale (guanti, mascherini, visiere), disinfettare ambienti e superfici, smaltire correttamente i rifiuti.

Per tutte le informazioni su trasmissione, sintomi, prevenzione: https://www.salute.gov.it/portale/malattieInfettive/dettaglioFaqMalattieInfettive.jsp?lingua=italiano&id=291

https://www.lila.it/it/lilanews/1601-monkeypox-cosa-sappiamo

Se si contrae il virus è raccomandato l’isolamento. Sarà dunque opportuno evitare i rapporti sessuali fino alla scomparsa delle lesioni ed utilizzare il preservativo per un certo periodo dopo la remissione della malattia, questo per evitare che eventuali lesioni residue, non visibili, possano favorire l’infezione da HIV o altre IST.  Attenzione: il profilattico riduce il rischio di trasmissione ma non protegge da Mpox,  visto che un rapporto sessuale implica, per forza di cose, un contatto stretto che coinvolge tutte le vie di trasmissione di questo virus.  

Nei paesi occidentali gran parte dei contagi dell’ondata epidemica è avvenuta in occasione di rapporti sessuali e, in particolare, in occasione di rapporti sessuali tra uomini. Questo non significa assolutamente che Mpox riguardi solo MSM: il virus può essere trasmesso da persone affette a chiunque, tramite qualsiasi rapporto stretto.

Chiunque abbia sintomi compatibili con Mpox, o sia stato a contatto stretto con un caso confermato, deve consultare subito il proprio medico curante o un centro d'infettivologia.

Strategia vaccinale preventiva e post-esposizione

Il vaccino è fondamentale per limitare il diffondersi di Mpox. Quello attualmente utilizzato in Italia, autorizzato da EMA, è il MVA-BN, vaccino di terza generazione prodotto dalla Bavarian Nordic, costituito da virus vaccinico modificato, non replicante. Destinato al contrasto del vaiolo, è efficace anche contro Mpox. Il nome commerciale del prodotto in Italia è JYNNEOS (gli altri nomi commerciali dello stesso prodotto sono IMVANEX e IMVAMUNE).

Come da indicazioni OMS ed ECDC la strategia vaccinale per prevenire Mpox non prevede una vaccinazione di massa ma è stata, piuttosto, mirata a target specifici, quelli cioè, al momento, più esporti al rischio di infezione. La raccomandazione alle persone che rientrano in questi target è quella di sottoporsi alla vaccinazione.  Nella circolare dello scorso 5 agosto 2022 sono indicati i criteri per l’accesso alla vaccinazione in funzione PrEP, profilassi Pre-Esposizione:

  • personale di laboratorio con possibile esposizione diretta a orthopoxvirus.
  • persone gay, transgender, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM), che rientrano ai seguenti criteri di rischio: storia recente (ultimi tre mesi) con più partner sessuali; partecipazione a eventi di sesso di gruppo; partecipazione a incontri sessuali in locali/club/cruising/saune)
  • recente infezione sessualmente trasmessa (almeno un episodio nell'ultimo anno)
  • abitudine alla pratica di associare gli atti sessuali al consumo di droghe chimiche (Chemsex).
  • Essendo costituito da un virus non replicante, il vaccino può essere somministrato anche a persone con immunocompromissione (che potrebbero però presentare una risposta anticorpale ridotta) e a persone con HIV.

L’utilizzo del vaccino come PEP, profilassi Post Esposizione è raccomandato invece per i contatti stretti entro quattro giorni dalla prima esposizione.

I dati nel mondo

Nel mondo (fonte OMS), i casi accertati di MPOX sono stati, al 27 febbraio 2023, circa 86miladuecento con 100 decessi in 110 paesi. La maggior parte dei casi segnalati è stata rilevata in maschi tra i diciotto e i cinquant'anni, principalmente – ma non esclusivamente - tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM).  Il virus, è bene ricordarlo, può essere tuttavia trasmesso a tutti e tutte. L’elevato numerose di casi registrati tra uomini che fanno sesso con uomini è da ricollegare, non solo a dinamiche epidemiologiche, ma anche la fatto che la popolazione MSM dei paesi occidentali è, generalmente, più attenta alla propria salute sessuale, più informata, più assidua nei controlli medici e di salute e, dunque, più propensa a test e screening. Le stesse motivazioni possono in parte spiegare l’alto numero, tra chi ha contratto Mpox, di persone con HIV. Per quanro riguarda, nello specifico, la regione Europea dell’OMS, i dati, aggiornati al 27 febbraio ce li fornisce ECDC, the European Centre for Prevention and Disease Control, attraverso il sistema di sorveglianza europeo Tessy e altre reti: Venticinquemila cinquecento circa i casi confermati in laboratorio, di cui nelle ultime quattro settimane solo ottantacinque in più da quindici paesi sui circa cinquanta dell’area. Settecentottantatre sono stati i ricoveri di cui duecentosettantuno hanno avuto bisogno di cure cliniche. Sette in tutto le persone finite in terapia intensiva mentre i decessi sono stati cinque. La maggior parte dei casi accertati aveva età compresa tra i trentuno e i quarant'anni e ben il 98% era di sesso maschile. Tra questi, coloro che hanno dichiarato il loro orientamento sessuale per il 96% erano MSM, uomini che fanno sesso con uomini. Tra le persone di cui ci è noto lo stato sierologico invece, quasi il 38% era HIV positivo.

I dati sono aggiornati al momento in cui scriviamo. Accedendo ai relativi link si possono conoscere i dati aggiornati al momento della lettura.

Mpox e HIV

Tra i casi accertati di Mpox si è riscontrato un elevato numero di persone con HIV, una tendenza significativa che va, però, interpretata. Nella regione Europea, rileva ECDC, tra le persone con Mpox virus di cui è noto lo stato sierologico, il 38% aveva l’HIV. Percentuale analoga  è stata segnalata dal CDC, Centre for Disease Control degli Stati Uniti, che aggiunge: il 41% della stessa corte aveva contratto nel corso dell’anno almeno una IST, Infezione Sessualmente Trasmissibile. Addirittura, le autorità dello stato americano della Georgia hanno riferito che, lo scorso agosto, circa due terzi delle persone colpite da Mpox, vivevano con l’HIV. Secondo l’OMS, Organizzazione Mondiale di Sanità, tra i casi di Mpox globali accertati, di cui si conosce lo stato sierologico, circa la metà riguardano persone con HIV. La stessa agenzia ONU precisa, tuttavia, che le informazioni sullo stato sierologico di chi ha contratto Mpox, non sono disponibili per la maggioranza dei casi. E’ inoltre possibile che tra le persone con HIV si rilevino percentuali alte di Mpox perché si tratta di gruppi di popolazione più abituati a controllare la propria salute, che si sottopone a controlli e test di routine, che hanno maggiore possibilità di essere raggiunti dall’azione informativa dei servizi sanitari e delle community e di essere, dunque, maggiormente propensi a sottoporsi a screening. Un’altra spiegazione risiede nel fatto che le persone con un sistema immunitario compromesso sono, certamente, più esposte al rischio di contrarre questa infezione e con esiti più gravi. Tuttavia, l’osservazione dei casi suggerisce come le persone con HIV in terapia antiretrovirale e con un buon numero di cellule T CD4 non sembrino manifestare un decorso più grave di Mpox. Anche in questo caso dunque, come per il COVID e per altre malattie infettive, l’accesso tempestivo alle terapie antiretrovirali e la soppressione della carica virale si confermano cruciali. I paesi più poveri e le sacche più marginalizzate delle nostre popolazioni, pagano, invece, ancora una volta, un prezzo più alto al persistere di disuguaglianze e barriere nell’accesso a farmaci e vaccini.

 

 

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