UNAIDS pubblica il rapporto “Know Your Status” e una serie di raccomandazioni per favorire l’accesso al test.

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live life positively know your hiv status en.pdfIn occasione dello scorso primo dicembre 2018 UNAIDS ha scelto di porre all’attenzione internazionale il tema del Test per l’HIV e di pubblicare un rapporto dedicato a questo argomento dal titolo: ”Live life positively, Know your HIV status.  All’origine della scelta l’importanza sempre crescente attribuita alle strategie d’espansione del test per l’HIV come punto d’accesso al sistema delle cure, dell’assistenza e della prevenzione.

Nel mondo, rileva lo studio, vivono trentasette milioni di persone con HIV, il numero più alto di sempre, tra queste, circa un quarto non sanno di aver contratto il virus. Conoscere tempestivamente il proprio status sierologico attraverso il test ha, invece, molti vantaggi di cui le persone dovrebbero essere consapevoli: “essere presi in carico dai servizi, ricevere immediatamente le terapie antiretrovirali aiuta a preservare la propria vita e la propria salute” sostiene il rapporto che aggiunge: “ottenere la soppressione della carica virale previene anche la trasmissione del virus”. A tal proposito viene citato il principio U=U, Undetectable=Untrasmittable, ossia non rilevabile= non trasmissibile. Si tratta di una delle prime volte che un documento UNAIDS accredita con tanta chiarezza questa rivoluzionaria evidenza scientifica: le persone con HIV che raggiungono la soppressione virologica non trasmettano il virus. Il primo documento specifico di UNAIDS dedicato al tema risale solo allo scorso luglio. 

Essere consapevole del proprio status sierologico mette inoltre le persone nella condizione di fare scelte informate rispetto alle opzioni preventive: dal condom maschile e femminile, alla riduzione del danno per le persone che si iniettano droghe, alla circoncisione volontaria, alla PreP, la profilassi Pre-Esposizione, alla PeP, profilassi post-esposizione, alla prevenzione infantile.

90-90-90

Sappiamo come la sconfitta dell’Aids entro il 2030 sia stata inserita dall’ONU tra gli obiettivi 2030 per uno sviluppo sostenibile. Entro il 2020, il primo grande obiettivo intermedio indicato ai paesi membri è il cosiddetto “90-90-90” che prevede di rendere consapevoli del proprio stato sierologico almeno il 90% delle persone con HIV, di assicurare al 90% di costoro l’accesso alle terapie ART (Antiretrovirali) e di far si che il 90% delle persone in trattamento raggiunga lo stato di soppressione virologica. Qual è, dunque, la situazione stando agli ultimissimi dati disponibili?

Secondo UNAIDS i progressi in questi anni non sono mancati. Nel 2017 la quota di persone con HIV consapevole del proprio stato sierologico è salita al 75%, tra loro il 70% ha avuto accesso alle ART e l’81% delle persone in ART ha raggiunto la soppressione virologica. Questi progressi tuttavia non bastano ancora. Nel complesso, infatti, oltre la metà delle persone che vive con HIV, non ha raggiunto lo stato di soppressione virale e questo sia per le carenze nell’accesso al test sia per il mancato accesso a farmaci e servizi.

Tra i paesi in cui i dati erano disponibili, nel 2017 solo ventiquattro avevano raggiunto, o erano sulla buona strada per raggiungere, "il primo 90", e ventisei paesi avevano pienamente raggiunto, o erano sulla buona strada per raggiungere, "il secondo 90". Solo dodici, infine, i paesi che avevano raggiunto o erano prossimi al terzo 90 (che equivale a una carica virale soppressa per il 73% di tutte le persone che vivono con l’HIV). Molto preoccupante resta inoltre il gap tra aree del mondo e tra paese e paese.

Le sfide da vincere secondo UNAIDS

-Disparità regionali

Proprio la disparità di condizioni tra le varie aree del pianeta è, secondo il rapporto UNAIDS, una delle sfide da vincere. In Europa occidentale e America settentrionale il target 2020, nel 2017, ha fatto registrare un “85-76-65”, il livello migliore al mondo con l’Italia che avrebbe superato in positivo questa media raggiungendo un “87-86-66”.

Ben diversa la situazione nelle regioni più colpite: in Africa orientale e del sud l’81% conosce il proprio stato ma solo il 66% ha accesso ai farmaci . In Africa occidentale e centrale solo il 48% delle persone che vive con l'HIV è consapevole della propria condizione e, tra quelle in trattamento (il 40%), meno del 30% ha raggiunto la soppressione virologica. In Medio Oriente e in Nord Africa solo il 50% sa di avere il virus e solo il 22% delle persone in ART risulta in soppressione virologica.

-Stigma e discriminazioni

Stigma, discriminazioni, mancanza di riservatezza, coercizioni, violenze, paura delle ripercussioni così come la mancanza di servizi per la salute appropriati e affidabili la mancanza di risorse, impediscono alle persone di accedere al test e ai servizi essenziali per l’HIV. Le donne e le ragazze sono particolarmente a rischio di stigma e discriminazioni in caso di esito positivo del test. Molte riferiscono di aver subito violenze domestiche, discriminazioni nei servizi per la salute riproduttiva, sterilizzazioni forzate. Altri gruppi a rischio discriminazione (Key populations) sono gli uomini gay e gli MSM (uomini che fanno sesso con uomini), le persone transgender, le persone che si prostituiscono, coloro che si iniettano droghe, i prigionieri e altre persone detenute, i migranti.

-Accessibilità

L’accessibilità ai servizi può avere un impatto significativo sulla fruibilità degli stessi: costi, distanze, soprattutto nelle aree rurali, orari di apertura. Alcuni gruppi di popolazione hanno un’accessibilità minore ai servizi: giovani e Key population, hanno meno possibilità di prendere contatto con i servizi con la conseguenza di avere livelli più bassi di soppressione virologica. Una limitata disponibilità di risorse e l’impossibilità di pagare tariffe, ticket e prestazioni sono tra i principali fattori che limitano l'accesso ai servizi di assistenza sanitaria, compreso il trattamento ART. E’ importante comprendere e rimuovere le barriere specifiche per ciascuna fascia di popolazione:

Come raggiungere le persone con il test HIV

Per migliorare ed espandere l’offerta del test occorre un mix di strategie diverse che agiscano sempre e comunque sulla scelta volontaria:

Le regole d’oro del test: le 5 “C” e i servizi integrati

Tutte le forme di test HIV devono aderire sempre ad alcune regole che UNAIDS definisce delle “cinque C”:

Consent, consenso: le persone devono sempre dare il loro consenso informato per accedere ai servizi di testing e di consulenza. La persona deve avere la possibilità di rifiutare il test e/o qualsiasi imposizione venga da autorità amministrative, sanitarie, familiari, religiose ecc ecc..

Confidenziality, riservatezza. Tutti i servizi di testing devono garantire che l’esito del test e le questioni eventualmente discusse tra operatore e paziente non possano essere divulgate a terzi, se non su esplicita richiesta e consenso da parte della persona sottoposta al test. I consulenti dovrebbero discutere, tra le altre questioni se e come informare partner o ex partner della persona interessata di eventuali rischi corsi.

Counselling: le informazioni pre-test possono essere anche fornite in un contesto di gruppo ma è importante che ciascuna persona possa avere l’opportunità di fare domande in privato sulla propria specifica situazione. Tutti i Test dovrebbero essere accompagnati almeno da un counselling personale post-test di alta qualità.

Correct, corretto: i fornitori di test HIV dovrebbero fornire test di alta qualità, garantire una diagnosi il più possibile corretta e comunque prevedere le procedure necessarie a garantire un risultato corretto. Tutte le persone che ricevono una diagnosi positiva all’HIV devono essere nuovamente testate prima di iniziare cure e trattamenti.

Connection, collegamento. Tutti i servizi di testing dovrebbero garantire un collegamento efficace con i servizi di prevenzione, assistenza e cura nonché adeguati meccanismi di follow-up.

Altra chiave vincente per uno screening efficace è l’integrazione tra i servizi stessi.

La tubercolosi, ad esempio, è la principale causa di morte per le persone che vivono con l'HIV; tuttavia si stima che il 49% delle persone che vivono con l'HIV e con la tubercolosi non siano a conoscenza della loro coinfezione non ricevendo, quindi, le cure adeguate. Lo screening per la Tb dovrebbe invece essere sistematicamente offerto in tutti i servizi per l’HIV e così il test per l’HIV dovrebbe essere offerto a tutte le persone con tubercolosi. Altrettanto andrebbe fatto nei servizi di cura per le malattie sessualmente trasmissibili e per il cancro all’utero, in tutti i contesti di assistenza contro la malnutrizione, alle epatiti virali, alla maternità e nei servizi di assistenza alle Key population.

In conclusione le raccomandazioni di UNAIDS per espandere l’accesso al Test e rimuovere le barriere esistenti sono le seguenti:

Per maggiori informazioni

http://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/jc2940_knowledge-is-power-report_en.pdf