IAS 2015 - Terzo Bollettino

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IAS2015LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della VIII Conferenza su Patogenesi, Trattamento e Prevenzione dell'HIV organizzata dall'International AIDS Society (IAS 2015), che si terrà a Vancouver, in Canada, dal 19 all 22 luglio 2015.

 

 


TERZO BOLLETTINO
 

Treatment cascade, obiettivo 90-90-90 vicino per alcuni paesi, ma l'Europa dell'Est è più indietro dell'Africa
L'analisi globale delle treatment cascade – le percentuali di persone con infezione da HIV diagnosticata, in trattamento e con carica virale irrilevabile – mostra che alcuni dei paesi più ricchi del mondo sono ancora molto lontani dall'obiettivo 90-90-90 fissato da UNAIDS. Ed a progredire più lentamente è l'Europa dell'Est.
Sono i risultati presentati da Jacob Levi all'8° Conferenza dell'International AIDS Society su Patogenesi, Trattamento e Prevenzione dell'HIV di Vancouver – che molti degli intervenuti questa settimana hanno definito la "Conferenza del '90-90-90'".
L'obiettivo di UNAIDS è di arrivare a diagnosticare il 90% delle infezioni da HIV, far entrare in terapia il 90% delle persone con diagnosi di HIV e raggiungere l'abbattimento della carica virale HIV-RNA nel 90% dei pazienti trattati entro il 2020: un traguardo ambizioso, che consentirebbe l'abbattimento della carica virale nel 73% nell'intera popolazione HIV-positiva.
Quanto manca per raggiungerlo? Alcuni paesi sono piuttosto vicini, ma in altri la distanza da colmare è ancora enorme.
Gli studi condotti da un'équipe dell'Imperial College di Londra e dell'Ospedale cantonale di San Gallo, in Svizzera, in un aggiornamento dei dati già presentati in una precedente indagine, mostrano che Svizzera, Australia e Regno Unito presentano la percentuale più elevata di persone HIV-positive con carica virale irrilevabile: oltre il 60%, contro il 30% degli Stati Uniti.
A livello mondiale, si stima che siano 36,9 milioni le persone affette dal virus dell'HIV, ma l'infezione è diagnosticata solo nel 53% dei casi – il che equivale a 13,4 milioni di persone in meno rispetto all'obiettivo del 90%. Il 41% di esse è in terapia – 14,9 milioni in meno rispetto all'obiettivo – e infine il 32% di esse ha raggiunto la soppressione virale – 15,3 milioni in meno rispetto all'obiettivo. Con l'attuale tasso di trasmissione, sono circa due milioni le persone che ogni anno contraggono il virus dell'HIV.
Analizzando le treatment cascade dei singoli paesi, i ricercatori hanno individuato delle forti debolezze a ogni stadio del continuum di cure. Lo scopo era quello di identificare i passaggi dove si perdevano oltre il 10% delle persone (detti 'breakpoint').
Nella popolazione che si stima affetta da HIV, la percentuale di persone con infezione diagnosticata risultava variare dall'86% di Stati Uniti e Australia al 51% dell'Africa sub-sahariana e al 44% dell'Ucraina. In molti paesi, si registravano dei breakpoint proprio nella fase della diagnosi, il che evidenzia l'importanza di aumentare il tasso di infezioni diagnosticate a livello mondiale.

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I programmi di 'cash transfer' non riducono l'incidenza HIV in uno studio in Sudafrica, ma le ragazze che vanno a scuola sono meno a rischio
L'istruzione ha mostrato di svolgere un ruolo importante nella prevenzione dell'infezione da HIV nell'Africa sub-sahariana, soprattutto per le adolescenti. In vari paesi si stanno perciò sperimentando vari tipi di interventi per promuovere la frequenza scolastica, tra cui i cosiddetti programmi di 'cash transfer'. Alla Conferenza sono stati riferiti questa settimana i risultati di due ampi studi randomizzati in proposito.
L'erogazione di una somma di denaro vincolata all'impegno da parte delle famiglie di mandare le figlie a scuola non ha mostrato di ridurre l'incidenza dell'HIV in uno studio randomizzato condotto nel Sudafrica rurale, ha riferito Audrey Pettifor dell'Università del North Carolina.
Sebbene non si sia dimostrato in grado di ridurre l'incidenza dell'HIV, il programma di 'cash transfer' è tuttavia risultato associato a tassi di rapporti non protetti inferiori rispetto a un gruppo di controllo.
Lo studio ha anche rilevato che l'abbandono scolastico o la scarsa frequenza risultavano associati a un tasso di incidenza HIV significativamente più elevato nelle giovani donne. Sono risultati che confermano quanto già osservato in precedenti studi condotti nell'Africa sub-sahariana, ossia che l'istruzione aiuta le giovani donne a proteggersi dall'infezione sia durante gli anni della scuola che in seguito.
Un secondo studio, CAPRISA 007 – che prevedeva l'erogazione di una somma di denaro a giovani di ambo i sessi in cambio dell'impegno a sottoporsi al test HIV, a partecipare a un programma educativo e a ottenere buoni risultati nello studio – ha riscontrato una riduzione del 30% dell'incidenza del virus herpes simplex di tipo 2 (HSV-2), ma nessuna riduzione dell'incidenza dell'HIV.

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...ma gli incentivi in denaro promuovono il ricorso alla circoncisione e ai servizi di prevenzione della trasmissione materno-fetale
Gli incentivi in denaro sono oggetto di studio anche per il ruolo che potrebbero svolgere per promuovere la prevenzione: nell'Africa sub-sahariana hanno infatti dimostrato di aumentare il ricorso a servizi preventivi chiave, come dimostrano i risultati di due studi randomizzati.
Il primo studio, condotto nella provincia di Nyanza, in Kenya, ha riscontrato che la distribuzione di buoni pasto faceva aumentare in maniera significativa il ricorso alla circoncisione; il secondo, condotto nella Repubblica Democratica del Congo, ha dimostrato che anche incentivi modesti bastavano per far aumentare notevolmente il mantenimento nei servizi di prevenzione della trasmissione materno-fetale dell'infezione da HIV.

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La profilassi pre-esposizione (PrEP)
Le modalità di assunzione della PrEP e le impressioni delle persone che la assumono sono stati argomenti oggetto di molte discussioni alla Conferenza dell'International AIDS Society.
Due ampi studi, ADAPT (HPTN 067) e Ipergay, hanno dimostrato che è possibile optare per regimi programmaticamente intermittenti in modo che la maggior parte dei rapporti sessuali sia protetto dall'azione dei farmaci. Anche se questo dovrebbe proteggere dall'infezione, tuttavia, sono necessarie ulteriori informazioni farmacologiche per avere la certezza che chi assume la PrEP riesca a raggiungere una concentrazione dei componenti del Truvada (emtricitabina e tenofovir) sufficiente contro l'infezione.
Lunedì è stato presentato uno studio ancillare del regime farmacologico impiegato nello studio Ipergay. I partecipanti di Ipergay assumevano due dosi di PrEP prima del rapporto sessuale e due dosi dopo. Dai risultati è emerso che, negli MSM che seguivano questo regime, l'emtricitabina iniziava a svolgere la sua azione protettiva già 30 minuti dopo l'assunzione, ma il tenofovir impiegava 24 ore per raggiungere livelli sufficienti nei tessuti rettali. Ciò significa che la dose da assumere dopo il rapporto è cruciale per chi assume la PrEP meno di una o due volte la settimana.
Un altro studio farmacologico ha mostrato che i regimi intermittenti possono non garantire livelli di farmaco adeguati per la protezione della donna in un rapporto vaginale, perché il tenofovir risultava impiegare il doppio del tempo per raggiungere il livello picco nella cervice uterina rispetto al retto – senza contare che nella cervice non ha mai raggiunto più del 10% dei livelli riscontrati invece nei tessuti rettali.
In termini di protezione dalla trasmissione nei rapporti anali, gli autori hanno calcolato che con una dose di tenofovir si otteneva una protezione dall'HIV del 77%, una percentuale più alta del 38% suggerito da uno studio su espianti di tessuto rettale, anche se lì il limite inferiore dell'intervallo di confidenza era del 40%. La proiezione stimata è 89% dopo due dosi e 98% dopo tre: un precedente studio ancillare del trial sulla PrEP iPrEx aveva concluso che quattro dosi settimanali fossero sufficienti a garantire una protezione praticamente del 100% contro l'infezione da HIV.
Dunque cosa si può dedurre sull'efficacia preventiva del regime di Ipergay e dei regimi intermittenti di ADAPT?
Innanzitutto, ancora non si hanno informazioni sulla protezione nei tessuti vaginali e cervicali sufficienti a stabilire se e in che misura i regimi intermittenti sono efficaci per le donne o per gli uomini transessuali che hanno rapporti vaginali. Per il momento, a chi ha rapporti vaginali conviene quindi raccomandare l'assunzione giornaliera della PrEP.
Per quanto riguarda i rapporti anali, invece, sembra effettivamente di poter affermare che la PrEP garantisca un buon livello di protezione fino a una settimana dopo l'ultima dose assunta, se l'assunzione è stata regolare. L'emtricitabina entrerebbe in azione già qualche ora dopo l'assunzione di una successiva doppia dose, purché l'intervallo non sia più lungo. Se invece la PrEP viene assunta prima del rapporto ma dopo un lungo intervallo di tempo è fondamentale assumere anche le dosi successive al rapporto – entrambe.
Complessivamente si nota che il regime di Ipergay consente più flessibilità nei tempi di assunzione, perché la prima dose post-rapporto può essere assunta in qualunque momento nelle 24 ore successive: il che è molto più facile che doverla assumere nelle due ore immediatamente successive al rapporto, cosa che ha creato difficoltà ai partecipanti di ADAPT. I motivi per cui le persone richiedono – o non richiedono – la profilassi pre-esposizione o la assumono – o no – una volta avuta la prescrizione sono probabilmente molto vari e dipendono tanto da fattori sociali (le politiche locali) e credenze culturali quanto da elementi più personali come l'avere o meno una relazione.

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Articolo su PrEP intermittente e rapporti anali e vaginali su aidsmap.com (in inglese)
Articolo sui pro e contro della PrEP nell'esperienza dei volontari che hanno partecipato allo studio ADAPT su aidsmap.com (in inglese)


Serosorting e carica virale
Per 'serosorting' si intende la selezione di partner sessuali con lo stesso stato sierologico o la scelta di fare a meno del preservativo nei rapporti con tali partner. È chiaro, però, che la situazione non si può banalmente riassumere in "le persone HIV-negative scelgono altre persone HIV-negative" e "le persone HIV-positive stanno con altre persone HIV-positive".
I maschi gay, per esempio, possono scegliere chi sarà il partner recettivo in base allo stato sierologico. Una persona HIV-negativa può decidere che è più sicuro fare sesso senza preservativo con un partner HIV-positivo con carica virale non rilevabile piuttosto che con uno che si dichiara HIV-negativo ma non fa il test da un anno. Per questi comportamenti "siero-adattivi" è tuttavia necessario che ci sia una sufficiente consapevolezza dei meccanismi di trasmissione dell'HIV a livello sia dell'individuo che della comunità, e allo stesso tempo possono esserci problemi legati allo stigma.
Stando ad alcuni studi presentati alla Conferenza, ci sono gruppi di maschi gay australiani e statunitensi che tengono in considerazione elementi come la carica virale non rilevabile in un partner HIV-positivo e il tempo trascorso dall'ultima volta che un partner HIV-negativo ha fatto il test, per decidere se usare o meno il preservativo in un rapporto sessuale.
Dai risultati di questi studi emerge che più in una comunità si discute del rischio di trasmissione dell'HIV con partner che hanno carica virale irrilevabile e più si diffonde la consapevolezza del rapporto tra carica virale e trasmissibilità, più questi elementi incidono sulle decisioni in merito all'uso del preservativo e più attenzione viene fatta allo stato sierologico del partner.

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Counselling HIV di coppia
In Malawi, i servizi di counselling HIV e il test per le donne in stato di gravidanza coprono quasi il 100% della popolazione. Anche se viene incoraggiata l'adesione in coppia, è raro che il partner maschile si faccia avanti – e il risultato è un'opportunità mancata di fare una diagnosi di HIV.
Quando le coppie accedono ai servizi di counselling HIV e fanno il test insieme, ci sono vantaggi come la possibilità di prendere insieme decisioni informate sulla prevenzione della trasmissione HIV e la salute riproduttiva, o sostenersi a vicenda, o aiutarsi l'un l'altro ad aderire alle terapie. La non-adesione del partner maschile viene spesso citata come barriera all'accesso a cure e trattamento da parte delle donne, oltre che ai servizi di prevenzione della trasmissione materno-fetale.
Un'équipe di ricercatori ha condotto una sperimentazione a Lilongwe, in Malawi, per verificare se contattando attivamente i partner delle donne che fruivano di cure prenatali era possibile aumentare l'adesione ai servizi di counselling HIV e al test in coppia. Le strategie testate sono state due: l'invio di un invito al partner maschile e l'invio di un invito seguito da una telefonata o una visita a domicilio.
Entrambe hanno mostrato di aumentare l'adesione da parte degli uomini, e in particolare la seconda ha dato un forte impulso al ricorso a counselling HIV e test in coppia. Dei 126 uomini che si sono presentati, il 47% è risultato per la prima volta positivo al test (il 25% già sapeva di avere l'infezione). La dott.ssa Rosenberg, presentando lo studio, ha sottolineato che questa strategia può avere importanti risvolti positivi in termini di salute pubblica.

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Nuovi antiretrovirali: un promettente inibitore della maturazione potrebbe essere il capostipite di una nuova classe di farmaci
La terapia antiretrovirale combinata (ART) comprende vari agenti che attaccano l'HIV in diverse fasi del suo ciclo di vita, ma nessuno dei farmaci attualmente approvati inibisce l'assemblaggio, la maturazione e la fuoriuscita dalla cellula ospite del virus.
L'inibitore della maturazione dell'HIV di nuova generazione BMS-955176 si è dimostrato ben tollerato ed efficace nella soppressione della carica virale quanto gli antiretrovirali standard se usato in combinazione con atazanavir (Reyataz) in uno studio di 28 giorni i cui risultati sono stati presentati alla Conferenza come 'late-breaking'.
Se ne verranno ulteriormente comprovate sicurezza ed efficacia, BMS-955176 potrebbe diventare il capostipite di una nuova classe di antiretrovirali che rappresenterebbe un'importante alternativa per chi ha sviluppato una forte resistenza alle classi di farmaci attualmente in uso.

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