EACS 2013 - Bollettino Conclusivo - Mercoledì 23 Ottobre 2013

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EACS 2013LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornire la copertura scientifica ufficiale on-line della 14° Conferenza europea sull'Aids - EACS 2013, in corso a Bruxelles dal 16 al 19 ottobre 2013.


 

LE NOTIZIE DEL BOLLETTINO CONCLUSIVO - 23 OTTOBRE 2013


Trattamento e cura dell'HIV: le prospettive future

Alla 14° Conferenza Europea sull'AIDS si è parlato anche del futuro di trattamento e cura dell'HIV, che sembra destinato nei prossimi anni ad essere interessato da notevoli cambiamenti. Sono infatti allo studio nuovi farmaci e strategie terapeutiche che mirano in particolare a migliorare la qualità di vita delle persone sieropositive e a contrastare l'insorgenza di effetti collaterali.
Oggi, la terapia antiretrovirale è estremamente efficace, e chi può accedere a cure e trattamento ha ormai un'aspettativa di vita normale.
Restano tuttavia degli ostacoli da superare, legati soprattutto all'aderenza terapeutica e agli effetti collaterali a lungo termine di alcuni farmaci.
Alla Conferenza sono stati presentati studi relativi ad alcuni antiretrovirali in fase di sviluppo che potrebbero porre rimedio a parte di questi problemi, tra cui dei nuovi farmaci della classe degli NRTI (inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa) che hanno mostrato meno effetti tossici.
Gli NNRTI (inibitori non-nucleosidici della trascrittasi inversa) attualmente allo studio sono risultati efficaci nel contrastare i ceppi di HIV resistenti ai farmaci della stessa classe finora in uso. È in fase di sperimentazione anche un inibitore della fusione assumibile per via orale (l'unico inibitore della fusione finora disponibile è invece somministrato per iniezione).
I ricercatori ripongono speranze anche negli antiretrovirali a lunga durata per via iniettiva, che potrebbero migliorare significativamente i tassi di aderenza o risultare utili per la profilassi pre-esposizione (PrEP).
Anche in termini di strategie terapeutiche sono all'orizzonte diversi cambiamenti. I regimi farmacologici attuali si basano per lo più su una combinazione di due NRTI, che però sono responsabili di molti degli effetti collaterali che continuano ad affliggere le persone sieropositive. Ebbene, alla Conferenza sono stati presentati diversi studi su regimi NRTI-sparing (privi di NRTI) che hanno dato risultati molto promettenti.
Un'altra novità riguarda l'impiego di efavirenz (Sustiva o Stocrin, anche nel combinato Atripla), che potrebbe presto non essere più considerato farmaco di elezione per i trattamenti di prima linea. L'efavirenz infatti è sì molto efficace, ma può provocare effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale. Le nuove combinazioni a dosaggio fisso con farmaci alternativi non danno di questi problemi, e potrebbero presto essere preferiti ai regimi che comprendono l'efavirenz.
Alla Conferenza si è ricordato infine che soltanto il 20-25% delle persone con HIV in Europa riesce a sopprimere la carica virale fino a livelli non rilevabili. Resta dunque ancora molto da fare in termini di diagnosi precoce, mantenimento in cura e sostegno, per far sì che le persone sieropositive possano ottenere dal trattamento il massimo dei benefici.

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Recrudescenza dell'epidemia da HIV tra i consumatori di droghe iniettive

È scoppiata a Tel Aviv, in Israele, un'epidemia di HIV tra i consumatori di droghe iniettive, in parte anche per la facile reperibilità di sostanze stupefacenti a buon mercato. Ora si teme che il fenomeno si ripeta in altre parti d'Europa, il che peraltro – come è stato fatto presente all'EACS – è già avvenuto in paesi come la Grecia e la Romania.
Lo scambio di siringhe usate e non sterilizzate è un fattore di rischio non solo per l'HIV, ma anche per altre infezioni a trasmissione ematica come epatite B e C.
Da circa dieci anni a questa parte, a Tel Aviv vengono offerti programmi di scambio siringhe e terapie sostitutive per la dipendenza da oppiacei, che hanno contribuito a mantenere stabili i tassi di trasmissione dell'HIV tra i consumatori di droghe iniettive.
Dal giugno 2012, però, le nuove infezioni sono tornate ad aumentare. In molti casi, la diagnosi avveniva durante il ricovero ospedaliero per gravi infezioni batteriche di pazienti con una lunga dipendenza dall'eroina e che partecipavano ai programmi di scambio siringhe.
Tutti questi pazienti avevano iniziato a consumare uno stupefacente molto economico, noto in Israele con il nome di 'hagitat'. Si tratta di un derivato del catinone che vanta tutta una serie di soprannomi, da 'Settimo Cielo' a 'bath salts' ("sali da bagno"), e che loro assumevano mescolato alla buprenorfina, un farmaco impiegato nel trattamento della dipendenza da oppiacei. Nessuna nuova infezione si è verificata invece tra coloro che continuavano a consumare solo eroina.
Questa sostanza contiene stimolanti che provocano stati euforici, aumento del desiderio sessuale e comportamenti incoerenti e imprevedibili. La sua azione è limitata, e per questo chi la consuma deve iniettarsela più volte; il consumo è spesso collettivo, il che comporta un alto tasso di riciclo delle siringhe.
Per arginare l'epidemia di Tel Aviv è stata messa in atto tutta una serie di nuove strategie preventive.

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Nuovi farmaci contro l'epatite C

I risultati di una serie di studi presentati alla Conferenza sembrano indicare che i nuovi antivirali DAA (ad azione diretta) rivoluzioneranno il trattamento del virus dell'epatite C (HCV) nei pazienti con coinfezione HIV/epatite C.
Le patologie epatiche causate dall'HCV rappresentano una causa di morte molto frequente nei pazienti coinfetti. Al momento, il trattamento standard dell'epatite C consiste in una duplice terapia a base di interferone pegilato e ribavirina. Per "cura dell'epatite C" si intende generalmente il raggiungimento di una risposta virologica sostenuta (indicata con la sigla inglese SVR), ossia una persistente negativizzazione dell'HCV dopo il termine della terapia. Si tratta però di un trattamento che può dare pesanti effetti collaterali e che non sempre ha esito positivo.
La risposta al trattamento migliora con l'aggiunta di un inibitore della proteasi dell'HCV. Attualmente sono disponibili due farmaci di questa classe: il telaprevir (Incivo, Incivek) e il boceprevir (Victrelis). Entrambi sono però associati a una serie di pesantissimi effetti collaterali, senza contare che il regime è complesso e che possono esserci interazioni con svariati farmaci anti-HIV.
Si sta però mettendo a punto tutta una serie di farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), più sicuri ed efficaci, tra cui l'inibitore della proteasi simeprevir. I risultati di alcuni studi presentati alla Conferenza ne confermano l'efficacia nei trattamenti combinati con interferone pegilato e ribavirina, sia in pazienti che intraprendono per la prima volta la terapia anti-HCV sia in soggetti che non avevano risposto a trattamenti precedenti.
Del virus dell'HCV esistono diversi tipi, che rispondono diversamente al trattamento. I genotipi 1 e 4 sono solitamente i più difficili da trattare. In uno studio condotto su pazienti con coinfezione da HIV e HCV genotipo 1 è stata osservata una risposta virologica persistente a 12 settimane dalla conclusione della terapia nel 79% dei pazienti naïve al trattamento e nel 57% di quelli con già alle spalle un fallimento terapeutico (detti 'null responders').
Il farmaco è risultato sicuro e ben tollerato. Gli effetti collaterali più frequenti sono stati spossatezza, emicranie, nausea, eruzioni cutanee, prurito e alcune anomalie ematiche.
Da uno studio separato è emerso che le combinazioni farmacologiche con simeprevir risulterebbero efficaci anche in pazienti con monoinfezione da HCV genotipo 4. A quattro settimane dal completamento della terapia, si è osservata una risposta virologica nel 90% dei pazienti che assumevano il trattamento per la prima volta e nel 67% di quelli che avevano invece sperimentato una recidiva – ossia che inizialmente avevano risposto al trattamento, ma una volta smesso di assumere i farmaci erano tornati ad avere una carica virale HCV rilevabile (i cosiddetti 'prior relapsers').
Anche l'inibitore della proteasi dell'HCV faldaprevir è stato associato a buoni tassi di risposta precoce al trattamento.
In uno studio condotto su un totale di 308 pazienti con coinfezione da HIV/HCV, i partecipanti hanno assunto il faldaprevir in combinazione con l'interferone pegilato e la ribavirina. A ognuno è stato somministrato faldaprevir in uno di tre dosaggi che lo studio si proponeva di valutare, per un periodo di 12 o 24 settimane. Circa un quinto dei partecipanti erano reduci da un ciclo di trattamento dell'HCV fallito.
A quattro settimane dalla conclusione della terapia si è osservata una risposta al trattamento nel 74% dei partecipanti. Il tasso di risposta più elevato (84%) si è avuto nei pazienti trattati con il dosaggio più alto di faldaprevir per 24 settimane.

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