Tutta l’Europa fa il test! Dal 23 al 30 novembre 2018 la Testing week per HIV ed epatiti. La LILA in campo.

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testing weekLa Testing Week, volta a promuovere i test per la diagnosi dell’HIV e delle epatiti virali, torna in tutta Europa dal 23 al 30 novembre 2018. In cinquantatré paesi della vasta regione europea dell’OMS, oltre 600 organizzazioni della società civile, delle associazioni medico-scientifiche e dei servizi sanitari si mobiliteranno per moltiplicare l’offerta di questi accertamenti diagnostici tra la popolazione generale e tra le fasce più vulnerabili. Obiettivi della mobilitazione: combattere il sommerso, far conoscere i vantaggi di una diagnosi precoce, sensibilizzare i governi a compiere il massimo sforzo per implementare questi servizi.

Conoscere il proprio stato sierologico, sapere se si è contratto l’HIV o le epatiti B e C, patologie che, spesso, si presentano in associazione, è fondamentale per accedere tempestivamente ai trattamenti in grado di preservare la salute dei singoli e della collettività.“Test, Treat, Prevent”, ossia “testare, trattare, prevenire” è lo slogan dell’iniziativa promossa da “HIV in Europe” alla quale, la LILA aderirà, anche quest’ anno con il rafforzamento, in ben nove sedi, dell’offerta di Test rapidi per l’HIV e l’HCV.

Qui gli orari e gli indirizzi di tutti i servizi di LILA testing

Giunta alla sua sesta edizione, la Testing Week rappresenta un momento di mobilitazione internazionale per la salute pubblica tra i più importanti e partecipati e, in questi anni, ha contribuito a rendere consapevoli del proprio stato migliaia di persone informando correttamente su prevenzione e terapie.

Il fenomeno del sommerso è oggi, rispetto a queste patologie, uno dei principali problemi di salute pubblica in Europa e nel mondo. Le stime ci dicono che, nel nostro continente, Italia compresa, almeno una persona con HIV su quattro non sia consapevole di aver contratto il virus dell’HIV. Analoghe sono le stime di UNAIDS a livello globale. Nel nostro paese oltre la metà delle diagnosi avviene, inoltre, con grave ritardo rispetto al momento in cui si è contratto il virus (late presenters), spesso quando si è già in fase di AIDS conclamata e, dunque, quando l’organismo è già molto compromesso. Questo fenomeno ha costi sociali e sanitari altissimi poiché ritarda l’accesso alle Terapie Antiretrovirali (ART) ne compromette l’efficacia e aumenta i rischi di trasmissione.

Analoghe considerazioni riguardano le epatiti virali. Nella regione europea dell’OMS le persone con epatite B e C sono stimate, rispettivamente, in quindici e quattordici milioni, la grande maggioranza non diagnosticate e, dunque, senza una cura. Tra loro, solo il 3,5% riceve i trattamenti necessari, nonostante esistano cure innovative che possono portare a una completa guarigione.

Chi scopre di avere l’HIV e accede tempestivamente alle terapie Antiretrovirali, pur non “guarendo”, può però mantenere uno stato di salute e un’attesa di vita molto simili a quelle della popolazione generale. I trattamenti odierni possono, inoltre, abbassare la presenza di virus nel sangue a livelli tali da renderlo non più rilevabile. Le persone con HIV che raggiungono e mantengono questo stato clinico non trasmettono il virus. E’ il principio della TasP, “Treatment as Prevention”: il trattamento ART, quando permette la soppressione della carica virale, diviene, cioè, anche un fattore importantissimo di prevenzione generale perché interrompe la catena dell’infezione. Nel nostro paese una quota preponderante delle oltre 100mila persone con HIV in cura presso i centri d’infettivologia, tra l’85% e il 95%, è in soppressione virologica, dunque, non infettiva. I maggiori rischi di trasmissione giungono invece da quella fascia di popolazione che non sa di avere l’HIV.

Per questo tutte le agenzie internazionali, UNAIDS e OMS in primis, raccomandano di incoraggiare, facilitare, diversificare l’offerta di test eliminando tutte le barriere che ne ostacolano la fruizione: mancanza di anonimato, richiesta di documenti, impegnative, certificati, ticket. Agli Stati Membri si raccomanda anche di favorire il test in contesti non sanitari come le associazioni e le community, in grado di essere più vicine al target.

Da alcuni anni, in diverse sedi LILA, vengono offerti test rapidi per l’HIV anonimi e gratuiti, secondo il modello “community-based” che prevede l’offerta di colloqui di informazione, supporto e counselling. In caso di esito reattivo, le persone sono inoltre aiutate nell’accesso ai servizi per il test di conferma e per l’avvio ai trattamenti. Nel corso dei dodici mesi che vanno dal 1 ottobre 2017 al 30 settembre 2018, le persone che hanno fatto ricorso ai servizi di testing della LILA sono state circa duemila. Per il 64,6% si è trattato di uomini, 35,2% le donne, mentre i transgender sono stati lo 0,4%. Alta la percentuale di chi ha eseguito il test per la prima volta: il 45,2%, un dato che testimonia come questo tipo di servizio sia in grado di raggiungere un target meno propenso a rivolgersi alle strutture tradizionali.  Durante la testing week, come già detto, la LILA rafforzerà l’offerta dei servizi di testing sia per l’HIV che per l’HCV.

Il test è eseguito da personale formato e consiste nel prelevare con un tampone un piccolo campione di saliva o, tramite un pungi - dito, un piccolo campione di sangue. La risposta arriva in pochi minuti. Se il test è reattivo (ovvero preliminarmente positivo), la persona è indirizzata o accompagnata ai servizi pubblici per eseguire un test di conferma (test Elisa o ComboTest).

La testing week si salda quest’anno idealmente con la giornata mondiale di lotta all’AIDS. Il tema scelto da UNAIDS per La World Aids Day 2018, con lo slogan “Know your status è, infatti, proprio il test HIV. Le agenzie ONU, da tempo, definiscono l’espansione dell’accesso al test un elemento cruciale delle strategie per la sconfitta dell’AIDS entro il 2030, così come sancito dagli obiettivi per uno Sviluppo Sostenibile (SDGs). Per centrare il target 2030, gli Stati Membri, tra cui l’Italia, si sono impegnati a pianificare tutte le strategie necessarie, a rendere disponibili le risorse adeguate e a rispettare una serie di obiettivi “intermedi”. Prima tappa da rispettare è quella riassunta dalla formula “90-90-90” che prescrive, già per il 2020, di rendere consapevoli del proprio stato sierologico il 90% di tutte le persone con HIV, di garantire almeno al 90% di costoro l’accesso alle terapie ART e di portare almeno il 90% delle persone in trattamento alla soppressione virologica. L’Italia è ormai vicina al traguardo del terzo “90” ed è ben posizionata sul secondo, mentre è molto indietro sul primo, ossia proprio sull’espansione dell’accesso al test e sulla lotta al sommerso.

L’ONU raccomanda inoltre una riduzione considerevole delle nuove infezioni tramite decisivi interventi di prevenzione integrata (disponibilità di Condom e Femidom, Riduzione del Danno, PrEP (Profilassi Pre-esposizione), implementazione della TasP).

Il Piano Nazionale Aids (PNAIDS), approvato ormai oltre un anno fa dalla Conferenza Stato-Regioni, prevede interventi innovativi e in linea con gli obiettivi ONU ma, fino ad ora, è rimasto lettera morta senza risorse e senza l’adeguata organizzazione. Per sollecitarne l’avvio, lo scorso settembre, abbiamo chiesto un incontro alla ministra della Salute, Giulia Grillo, richiesta rimasta, finora, senza risposta. Confidiamo che la ricorrenza del primo dicembre possa essere l’occasione giusta per un confronto a tutto campo su un problema di diritto alla salute e di sanità pubblica la cui rilevanza non può assolutamente essere sottovalutata.  

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