HIV, dirlo o non dirlo? Dentista, patente, viaggi: fai un check ai tuoi diritti

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dirittiLe persone con HIV sono tra le più attente alla propria salute, quelle con la più assidua frequentazione di medici e strutture sanitarie (grazie anche al buon livello dei reparti d’infettivologia) e, spesso, le più informate su come prevenire altre patologie da quelle cardiovascolari a quelle osteo-muscolari, alle IST (infezioni sessualmente trasmissibili). Grazie alla TasP (Treatment as Prevention) sono inoltre, al momento, anche quelle meno a rischio di trasmettere l’infezione: infatti, una persona in cura, con carica virale stabilmente non rilevabile, non è infettiva e il livello di successo terapeutico tra le persone in trattamento, supera ormai in Italia l’80%.

Nella popolazione generale, il livello d’informazione rispetto all’HIV e ad altre IST si rileva invece piuttosto scarso, così come bassa è l’attenzione a stili di vita non dannosi per la propria salute o l’attitudine a monitorare il proprio stato generale.  Inoltre, almeno una persona con HIV su quattro, non è a conoscenza del proprio stato sierologico. Eppure essere una persona con HIV, espone, tuttora, a un alto rischio di discriminazioni. Sono diverse le situazioni della vita quotidiana che costringono le PLHIV (People Living with HIV) a nascondere il proprio stato a colleghi, conoscenti, talvolta familiari e amici ma non solo: anche il rapporto con medici e strutture sanitarie esterni ai centri d’infettivologia, i viaggi, le incombenze burocratiche possono trasformarsi, talvolta, in ostacoli insormontabili, così come ci segnalano quotidianamente le persone attraverso i nostri centralini e la nostra LilaChat. Vogliamo per questo tentare di tracciare un piccolo manuale di quotidiana difesa dei propri diritti, volto a dare qualche risposta pratica ai problemi che vengono posti più di frequente ma anche denunciare il permanere di gravi discriminazioni , un fattore che ostacola la prevenzione perché spinge troppe persone a rimuovere eventuali rischi corsi e a non effettuare il test.

Cosa dice la legge

La legge 135/90, nell’articolo cinque, tutela la privacy delle persone con HIV/AIDS prescrivendo riservatezza assoluta agli operatori sanitari che vengano a conoscenza dello stato sierologico di un/una paziente, vieta rilevazioni che possano comportare l’identificazione delle persone con HIV/AIDS, così come l’effettuazione di analisi volte ad accertare lo stato sierologico senza il consenso della persona interessata.  Nello stesso articolo si sancisce infine che l’accertata infezione da HIV non possa essere in alcun modo motivo di discriminazione, in particolare per l'iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro.

Non esiste inoltre nessun vincolo legale che obblighi a comunicare la propria positività all’HIV ad altre persone. Anche dal punto di vista medico, la scienza ha dimostrato, ormai da anni, come le normali attività della vita quotidiana non comportino alcun rischio di contagio.

Dentista,  rapporti con altri specialisti e/o strutture mediche

Scrive una persona su Lilachat: “ieri ho iniziato una terapia canalare e prima della seduta la segretaria mi ha sottoposto una scheda informativa!....temevo questo momento, ho iniziato la compilazione e quanto sono arrivato alla domanda specifica AIDS S/N ho tentennato, poi ho saltato la domanda, lasciandola in bianco ed infine quando ho riconsegnato il foglio la segretaria mi dice che non ho compilato la domanda sulla sieropositività. E lei ... è HIV positivo? 
.... Io le ho risposto, ovviamente no!!!!
Ora mi sento in colpa, sono consapevole di aver sbagliato! Ma del resto disinfettano tutto, lavorano con guanti occhiali e mascherina”.

Nessuno sbaglio invece. Partiamo proprio da questa frase per chiarire che, in particolare in questo campo, è necessario operare un radicale rovesciamento di prospettiva. Nessuna pratica medico-chirurgica può comportare rischi di contagio per gli operatori e operatrici sanitarie o per altri/altre utenti, se sono osservate tutte le universali norme di sicurezza igienico-sanitarie valide per qualsiasi intervento, indipendentemente dallo stato sierologico dei e delle pazienti. L’uso di guanti e mascherine protettive, la disinfezione accurata delle mani, di tutti gli strumenti chirurgici o endoscopici, dell’ambiente operatorio (studi odontoiatrici compresi) dovrebbero essere le premesse minime di ogni intervento medico-sanitario, anche perché esiste il rischio di trasmettere, attraverso strumenti non adeguatamente sterilizzati, infezioni molto più facilmente trasmissibili dell’HIV come, ad esempio l’epatite C. Esiste inoltre, in caso di incidenti professionali (punture o tagli accidentali con strumenti non sterili), la possibilità di ricorrere alla PeP, una profilassi post- esposizione che praticamente elimina il rischio di sviluppare l’infezione da HIV. Prevedere “trattamenti speciali” per le persone con HIV, dunque, non è solo insensato, ma è anche sbagliato: se un medico o una struttura sanitaria prevedono l’adozione dei massimi standard di sicurezza solo nei casi di accertata positività all’HIV, ne possiamo dedurre che, in tutti gli altri casi, operatori e pazienti siano esposti a rischi di contagio non ammissibili. Sono dunque le persone con HIV che, semmai, vanno protette da altre infezioni, da eventuali carenze igienico-sanitarie, da interazioni tra farmaci non consone. Tutelarne lo stato di salute è il modo migliore per tutelare la salute di tutti/e. In particolare, la salute del medico e degli operatori sanitari dovrebbe essere salvaguardata dall’adeguata osservanza di tutte le basilari norme igienico-sanitarie e non da una forzata “confessione” sulla nostra positività o meno all’HIV.  Ed è questo il punto di vista che può guidarci, nel rapporto con medici e specialisti, rispetto alla scelta tra “dirlo e non dirlo”.

Per quanto riguarda più nel concreto la relazione con il dentista, tra le più dibattute su LilaChat, una delle possibilità è parlare con il proprio infettivologo degli interventi odontoiatrici di cui si necessita e capire con lui quali siano gli elementi di cui il dentista debba essere messo a conoscenza per tutelare al meglio la nostra salute. Saremo così più preparati ad affrontare la questione e a comunicare, eventualmente, all’odontoiatra la nostra positività con tutti i risvolti del caso (tipo di terapia in corso, eventuali problemi specifici, stato della carica virale ecc). Per quanto riguarda eventuali questionari sul nostro stato di salute, in uso presso molti studi dentistici, potete rifiutarvi di compilarli se vi vengono proposti da figure non competenti (segretari/e, centralinisti/e) e chiedere invece di poter compilare la scheda in questione assieme al dentista. Un modo gentile per declinare l’invito potrebbe essere: ”mi scusi ma preferisco compilarlo direttamente con il dottore visto che ho esigenze specifiche”.

Non siamo assolutamente tenuti ad affidare dati sensibili a personale non formato e non soggetto a vincoli di riservatezza. In teoria anche il personale amministrativo e di segreteria sarebbe tenuto a rispettare tale vincolo ma lo status contrattuale e formativo di questi lavoratori, da noi non verificabile, può incidere fortemente sul rispetto di questa norma. Se, come talvolta accaduto, il professionista in questione dovesse rifiutarvi le cure o opporre problemi che non riguardino la tutela del vostro stato di salute, cambiate dentista e, se lo ritenete, segnalate il caso ai competenti ordini professionali e/o alle associazioni che si battono per il diritto alla salute delle persone con HIV o che tutelano cittadini e consumatori.   

Patente di guida rilascio/rinnovo

 Il rilascio, la revisione o la conferma di validità della patente di guida sono soggetti all’accertamento di alcuni requisiti psicofisici. L’articolo che prescrive e disciplina tali accertamenti è il 119 del codice della strada (d. lgs. n. 285/1992), con i relativi regolamenti attuativi, più volte aggiornati, modificati e armonizzati nel corso degli anni con le normative europee.  Secondo tale articolo: “Non può ottenere la patente di guida o l'autorizzazione ad esercitarsi alla guida di cui all'art. 122, comma 2, chi sia affetto da malattia fisica o psichica, deficienza organica o minorazione psichica, anatomica o funzionale tale da impedire di condurre con sicurezza veicoli a motore”.

Lo stesso articolo (2-ter), stabilisce che per il primo rilascio della patente di qualsiasi categoria, o di certificato di abilitazione professionale di tipo KA o KB, si debba esibire una certificazione che attesti il non abuso di sostanze stupefacenti o psicotrope le cui modalità sono indicate da un decreto del Ministero della Salute e degli altri organismi competenti. 

La prima cosa da chiarire è che la condizione di positività all’HIV, in quanto tale,  non pregiudica in alcun modo la possibilità di condurre veicoli in sicurezza.  Qualora siano subentrate condizioni patologiche particolari, verificate se rientrino nelle patologie invalidanti o nelle fattispecie sotto-elencate perché in questo caso avete comunque l’obbligo di dichiararle. Le normative in vigore non prevedono dichiarazioni circa lo stato sierologico dei e delle richiedenti ma è innegabile, tuttavia, che alcune delle domande previste per le visite mediche di rito possano creare difficoltà alle persone con HIV, vista l’impreparazione generale sul tema e i pregiudizi, anche, di alcuni medici.  Riportiamo, anche in questo caso, una delle domande poste su LilaChat e che riassume un po’ tutti i principali dubbi esposti in merito nel forum.  

Salve, tra qualche giorno devo rinnovare la patente. Voi avete risposto SI alla voce “soffri di malattie del sangue? E alla voce: “hai in corso terapie farmacologiche? Dite che è obbligatorio rispondere di sì

Per rispondere facciamo innanzitutto un po’ di chiarezza. Le malattie o affezioni che possono ostacolare il rilascio delle patenti A, B e superiori, e che richiedono specifici e ulteriori accertamenti, sono descritte nel regolamento attuativo del codice della strada (D.P.R. n- 495/1992), allegato alla legge stessa. Gli articoli del regolamento che vanno dal 319 al 329, con relative appendici (e che fanno capo al 119 della legge, descritto in precedenza) definiscono i requisiti riguardanti la vista, l’udito, l’efficienza degli arti ed elencano anche una serie di patologie considerate invalidanti. Questo l’elenco,contenuto nell’appendice II al titolo IV del citato regolamento attuativo:

  1. Affezioni cardiovascolari
  2. Diabete
  3. Malattie endocrine
  4. Malattie del sistema nervoso (encefalite epilessia, sclerosi multiple, miastenia grave ecc.)
  5. Malattie psichiche
  6. Sostanze psicoattive (dipendenza da alcol, sostanze stupefacenti, psicotrope o sostanze che possano compromettere l’abilità a guidare senza pericolo)
  7. Malattie del sangue
  8. Malattie dell’apparato uro-genitale

Lo stesso elenco è compreso nel modulo telematico per la relazione di visita medica, predisposto con decreto del ministero della salute il 21 gennaio 2014 ed è dunque lo schema cui dovrebbe attenersi il medico che esegue la visita.

Tutto ciò premesso, come rispondere dunque alla domanda relativa a “malattie del sangue”? Confortati dal parere di numerosi infettivologi, potete rispondere tranquillamente di NO e questo perché l’HIV/AIDS non si configura come una malattia del sangue, non si tratta, anzi, nemmeno di una malattia.

L’altra domanda su cui il forum ci ha sollecitato più volte riguarda l’uso abituale di medicinali. Tale condizione è stata eliminata dal testo di legge e, infatti, nel modulo telematico che contiene lo schema di visita medica, non è più presente. Qualora il medico dovesse comunque porvi questa domanda, sappiate che la formulazione di legge concernente l’uso di sostanze è quella che trovate al punto F dell’elenco sopra riportato e non comprende dunque l’uso abituale di farmaci bensì la dipendenza da alcol o da sostanze che possano compromettere l’abilità alla guida. Se assumete farmaci antiretrovirali e non rientrate nella casistica descritta al punto F, rispondendo di NO non violereste dunque lo spirito della norma.

Viaggi e soggiorni all’estero

Il miglioramento della qualità della vita delle PLHIV porta con sé anche il desiderio e la possibilità di riprendere a viaggiare ma anche la necessità di lavorare o studiare all’estero. I paesi che possono essere visitati in totale sicurezza dalle persone con HIV sono tanti ma è sempre bene pianificare il proprio viaggio adottando alcune precauzioni e informarsi al meglio su procedure d’ingresso, leggi vigenti, condizioni soci-ambientali dei paesi di destinazione. Il miglior sito su cui trovare informazioni specifiche per le persone con HIV è http://www.hivtravel.org. Per informazione di tipo più generale potete consultare anche http://www.viaggiaresicuri.it/home.html, curato dal Ministero degli Esteri. Altre fonti d’informazione possono essere le ambasciate e i consolati italiani presenti nei territori che intendete visitare, i siti curati dagli enti di soggiorno e turismo locali o le associazioni attive sui temi dell’HIV/AIDS. Ecco qualche consiglio per un viaggio sicuro e alcune indicazioni da tenere presenti:

Attenzione! Alcune decine di paesi prevedono ancora restrizioni per l’ingresso delle persone con HIV entro i propri confini nazionali. Si tratta di una grave violazione del diritto alla mobilità, sanzionata anche dall’ONU e dalle altre agenzie internazionali. Negli anni il numero di paesi che hanno comunque deciso di mantenere questo tipo di leggi discriminatorie è diminuito ma divieti e barriere inaccettabili continuano purtroppo a sopravvivere in diverse regioni del globo. Le domande e i dubbi posti tramite LilaChat, ancora una volta, rendono lampanti quali siano i problemi e le preoccupazioni delle persone con HIV che devono affrontare viaggi e soggiorni all’estero.

Mi è stato proposto un viaggio che mi piacerebbe molto fare ma è in uno di quei paesi arabi in cui è vietato l'ingresso ai sieropositivi anche per brevi periodi. Dovrei fare un visto turistico al consolato prima di partire e poi passare la dogana. Per il breve termine non fanno esami del sangue ma se mi vedessero le pillole come minimo mi espellerebbero, ci sono anche notizie di sieropositivi deportati... 
Ho pensato di dichiarare il falso al consolato e alla dogana nascondere le medicine in una scatola diversa. Cosi potrei ammirare le bellezze di quel paese. Però non sono sicuro. Qualcuno si è già trovato in questa condizione? Avete consigli?

Per lavoro dovrò andare per forza 9 giorni a Dubai (ho provato a rifiutare ma non c'è stato modo). Sto prendendo sustiva e kivexa quindi per stare sicuro mi dovrei portare almeno venti pastiglie. Suggerimenti? Vostre esperienze? Magari le provo a mettere nel sedere bene incartate? In una bustina dentro una bottiglia di shampoo con flacone non trasparente? Sto veramente in crisi vi prego datemi tutte le vostre informazioni, esperienze o invenzioni?”

In un recente incontro al Ministero degli Esteri (MAE), la LILA, la Direzione Generale per gli italiani all’estero, nella persona del Ministro Roberto Martini, e l’ufficio del Sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, hanno ampiamente affrontato il tema della tutela dei cittadini italiani con HIV che si recano all’estero. I rappresentanti del Ministero hanno affermato la piena disponibilità dello stesso MAE e di tutta la nostra rete di ambasciate e consolati, ad assistere chiunque possa trovarsi in difficoltà in un paese straniero e la volontà di sensibilizzare su questo specifico tema il nostro personale diplomatico e d’ambasciata. La Direzione generale italiani all’estero, si è inoltre resa disponibile ad avviare una stabile interlocuzione con la LILA per affrontare le situazioni più difficili o critiche. Importante anche l’impegno ad avviare un’ampia ricognizione degli Stati che prevedono limitazioni o barriere per l’ingresso di persone con HIV e dei rischi che si possono correre in caso d’ingresso in uno di questi paesi “a rischio”.  L’obiettivo è dunque quello di aver informazioni aggiornate, attendibili e documentate, così da poterle integrare anche nel sito “viaggiare sicuri”. Ovviamente lo Stato Italiano non è responsabile delle legislazioni restrittive adottate da paesi esteri, ma l’impegno è di valutare se, in tutto o in parte, possano violare trattati e/o convenzioni internazionali e a mantenere alta in tutte le sedi l’attenzione sul problema.

La tipologia di divieti e barriere è variabile: alcuni Stati vietano gli ingressi per periodi superiori ai tre mesi, altri prevedono un totale divieto anche per periodi brevi, altri ancora possono richiedere un test per l’HIV a fronte del rilascio per visti di studio o lavoro o sottoporvi questionari d’ingresso alle dogane con specifiche domande sul vostro stato di salute e dunque sul vostro stato sierologico (vedi la lista orientativa dei paesi in questione e delle possibili sanzioni-link). La positività all’HIV può essere motivo, in molti di questi territori, di respingimento all’ingresso o di espulsione dal paese stesso, oltre che di rigetto delle richieste di visto.  Nei confronti dei cittadini europei e occidentali che si muovono per turismo, i controlli e le limitazioni sono, generalmente, meno severi. I trattamenti più duri sono, purtroppo, riservati ai migranti in condizioni di maggiore fragilità. Più complicato potrebbe rivelarsi invece ottenere, negli Stati in questione, permessi di studio o lavoro.  E’ bene dunque essere consapevoli della situazione vigente nel paese di destinazione ed essere informati e preparati sulla situazione da affrontare.

In attesa del monitoraggio che il Ministero si è impegnato ad avviare, non è facile al momento per noi, sapere quanto e come queste leggi restrittive siano effettivamente applicate nei paesi in questione e con quali conseguenze, né quanti siano i paesi che prevedono limitazioni più o meno “ufficiali”. Per lo stesso motivo la lista dei paesi “a rischio” che potete trovare cliccando qui, deve considerarsi, al momento, solo orientativa. Se doveste decidere di recarvi comunque in uno dei paesi che prevedono divieti o barriere all’ingresso delle PLHIV, o se foste costretti a farlo per motivi di lavoro irrinunciabili, sappiate che non possiamo, purtroppo, indicarvi nessuna via legale per aggirare eventuali controlli o barriere. La decisione su come agire, assunte tutte le necessarie informazioni, può essere soltanto personale. Il primo problema, qualora decideste di affrontare un viaggio in questi paesi, sarà evitare che possano risalire al vostro stato sierologico dai farmaci che porterete con voi. In tal caso, l’unica cosa che possiamo fare è suggerirvi i comportamenti di viaggio più sicuri adottati da altre persone con HIV nelle medesime situazioni, fatte salve le indicazioni per un viaggio sicuro indicate in precedenza: